Melancholia

Di queste cose ne capisco poco o niente, come si capirà dalle prossime parole, ma credo che un depresso, di solito, si noti poco. Al limite si nota la sua assenza. Si vede che Lars von Trier ha una versione megalomane del problema. Va bene i pensieri suicidi, va bene la perdita di senso, ma arrivare a far distruggere l'intero pianeta, dicendosi certo che solo qui c'è vita in tutto l'universo, ma che comunque non è poi una gran perdita, mi sembra un filino eccessivo.

Consiglierei allo spettatore di arrivare allegro alla visione di questo film, magari potrebbe fare un double bill con Le amiche della sposa. Sconsigliato invece affiancare il precedente Antichrist, se si vuole arrivare vivi alla fine della serata, anche se fra i due ci sono simmetrie e somiglianze che ne renderebbero interessante la visione ravvicinata.

Bellissima la sequenza introduttiva iniziale, una sorta di rapido riepilogo di tutto quello che segue, tra l'incubo e il tableau vivant, che crea un disturbante effetto déjà vu (spero il lettore apprezzi la cura nel piazzare tutti gli accenti al posto giusto) in uno sviluppo che è già abbastanza disturbante di suo. Idem per la colonna sonora, che reitera ad libitum l'esecuzione dell'ouverture del Tristano e Isotta di Wagner - opera perfettamente in linea con le tendenze depressive del film.

Al centro della vicenda ci sono due sorelle, nettamente contrapposte. Kirsten Dunst bella e depressa cronica, e Charlotte Gainsbourg bruttina (con rispetto parlando) ma estremamente motivata. Nella prima parte vediamo la serata seguente al matrimonio della Dunst con lo scialbo Alexander Skarsgård, organizzata dalla sorella, sposata a Kiefer Sutherland, nel loro maniero-albergo-ristorante nel nulla campagnolo. Tutti le dicono di essere felice, lei fa la felice, ma evidentemente non lo è, e fa una fatica immonda per cercare di sembrarlo. Alla fine decide di mollare la finzione, manda il matrimonio (e la sua carriera) a catafascio e tanti saluti.

Se nella prima parte è la Gainsbourg a fare l'antipatichella "organizzo tutto io", nella seconda parte, quando la catastrofe diventa sempre più vicina, è la Dunst a prendere quel ruolo, con un ghignetto "l'avevo detto io". Solo nel finale le due sorelle si riconciliano, per far sì che la fine sembri al figlio della bruttina solo un gioco.

Cast notevole. Oltre ai suddetti si fanno notare Charlotte Rampling, Stellan Skarsgård (chissà se i due Skarsgård hanno fatto uno sconto famiglia alla produzione) e John Hurt. Regia impegnativa, che ha cercato di rendere il disinteresse della protagonista per tutto quanto esiste al mondo con fin troppa esuberanza. L'uso della camera a mano, funzionale fin che si vuole, a me è risultato a tratti esagerato. Magari se ci si fermava prima si rendeva un servigio minore all'illustrazione nella problematica, ma si otteneva un risultato meno stremante per lo spettatore.

4 commenti:

  1. Kirsten è tra le mie stelle, la vorrei seguire di più, ed ogni cosa con lei è la celebrazione della bellezza. Sopporterei anche questo film? Non lo so, ma film e fatti dell'attrice mi farebbero superare anche Lars Von Trier...Ma tra vent'anni come ricorderemo il regista? Come un Werner Herzog?

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    1. A risolvere il tuo primo dubbio dovrebbe servire questo spoiler: in una scena appare splendidamente nuda in riva al fiume, che si prende una tintarella di Luna (o meglio, Melancholia). Ma per le restanti due ore ti conviene armarti di tanta pazienza ;)

      Per me Von Trier è uno tra i maggiori registi viventi. Pesante, scontroso, provocatore, spiacevole. Ma capace di raccontare storie profonde con una tecnica brillante e molto personale.

      Il paragone con Herzog mi sfugge, ora che mi ci fai pensare direi che sono quasi all'opposto. Herzog ha un animo documentarista; Von Trier direi che è la soggettività fatta regista.

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  2. sinceramente Lars Comesichiama non è il mio regista preferito; descrive un'umanità di nevrotici e di sfigati
    se le cose stanno veramente così FORZA MAYA

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    1. Direi che hai riassunto in due battute lo spirito del film :D

      Non posso nemmeno dire di essere in completo disaccordo con te. Personalmente preferisco chi ha uno stile più leggero, e le provocazioni al massimo mi fanno alzare un sopracciglio. Però molti registi che mi paiono più capaci di lui sono già morti e, nonostante tutti i suoi difetti, direi che racconta bene storie interessanti.

      La mia speranza è che gli venga una inesplicabile ondata di buonumore e la trasferisca nel suo cinema. Ai tempi mi sono perso Il grande capo, sua commedia, e sono rimasto con il dubbio: non ne ha fatte altre perché depresso o è depresso perché gli è venuta male?

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