L'abbiamo fatta grossa

Qualche risata me la sono fatta, ma la tensione comica è stata troppo discontinua. Le due migliori battute direi che sono state quella di Carlo Verdone (*) "mi sono fatto un po' ispirare da un certo cinema francese e dalle commedie di vent'anni fa di Woody Allen" e quella di Mario (**) "non ne posso più, io mi alzo e me ne vado".

Yuri Pelagatti (Antonio Albanese) era un grande attore teatrale e noto tombeur de femmes. Sua moglie (Clotilde Sabatino) si è stufata della situazione e lo ha buttato fuori di casa. Da allora Yuri si è depresso, a tal punto da risultare fiacco e inconcludente nella vita reale, e da dimenticarsi le battute sul palco. Oltre al danno la beffa, la sua ex ha trovato immediata consolazione nell'avvocato che l'ha seguita nella causa di divorzio. Così Yuri recluta Arturo Merlino (Carlo Verdone) perché gli produca le prove del "tradimento". Arturo è un ex carabiniere, a sua volta abbandonato dalla moglie una quindicina di anni prima, che ora campa a stento con una attività di investigatore privato di scarsa fama.

L'incapacità di entrambi li porta ad entrare in possesso di una valigetta piena di soldi sporchi e di grosso taglio, della quale non sanno che farsene. La nascondono nel posto peggiore che si possa immaginare e devono gestire l'illegittimo proprietario (Massimo Popolizio) e i suoi sgherri che la rivogliono indietro. Per i due le cose finiranno male, ma chissà, a volte il bene si nasconde nei posti più strani.

La sceneggiatura funziona a strappi, la regia è pessima, al punto che nemmeno Popolizio riesce a dare una convincente prova attoriale. Si salva dalla catastrofe la colonna sonora di Andrea Farri e il debutto cinematografico di Anna Kasyan, soprano armeno che dimostra di avere interessanti potenzialità anche in questo campo.

(*) Come da intervista. Non sono riuscito a capire a quale cinema francese si riferisse, che così per me è diventato "incerto". Venti anni fa, Allen ha diretto il musical Tutti dicono I love you, preceduto dall'incrocio tra tragedia greca e analisi della moderna commercializzazione del sesso ne La dea dell'amore e seguito dal decostruttivista sperimentale Harry a pezzi. Tutti e tre a millemila miglia di distanza da questo film. A parziale discapito, Verdone ha completato il suo pensiero dicendo "anche se Allen è Allen e io sono solo un commediante di commedia all'italiana". Anche qui, mi addolora dover notare che la commedia all'italiana ha prodotto pellicole ben più memorabili di questa.
(**) Seduto di fianco a me al cinema, parla raramente durante la proiezione. Una fase di stanca troppo lunga nella fase centrale gli ha strappato quell'affermazione, poi rientrata.

4 commenti:

  1. Albanese e Verdone il compitino lo portano sempre a casa... non ho ancora capito però se è un bel film o no, sinceramente

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    1. Per quel che ho capito io, non è un bel film. Però ognuno ha diritto alla propria opinione.

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  2. l'ho inserito nella "fascia del BAH" (qualche lode e qualche infamia)
    meritano la lode certe scene farsesche, ad es quella del solarium, e il finale (temevo il lieto fine italiesco; meglio la pernacchia all'onorevole che comunque si tiene i soldi della supermazzetta)
    l'infamia su tutto il resto: regia, sceneggiatura ecc

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    1. Per qualche tempo sono rimasto indeciso per la sufficienza striminzita, poi le pecche troppo diffuse hanno avuto il sopravvento.
      Il finale col sole a strisce che potrebbe portare ad una redenzione m'è parso ispirato da Smetto quando voglio, ma lì era gestito molto meglio.

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