La storia è modellata sull'infanzia di Harper Lee, che aveva scritto un romanzo semiautobiografico, adattato subito dopo per lo schermo. Il tema dell'infanzia, dei rapporti con il mondo degli adulti, dell'importanza del modello comportamentale degli adulti, si mescola a quello del razzismo, allora imperante negli USA, soprattutto in un piccolo paesino del sud, e anche quello del rapporto con la malattia mentale.
Un filmone non semplice, dunque, che si direbbe più adatto ad un pubblico europeo che americano. Eppure risulta uno dei più amati oltreoceano, soprattutto se si parla di gente che abbia già una certa età. Merito certamente della storia originale e della convincente interpretazione di Gregory Peck, nel ruolo del protagonista, Atticus, un avvocato molto alla mano a cui, a quanto dice una vicina, è toccato in sorte il destino di fare un lavoro che è necessario ma nessuno vuol fare.
I tempi sono un troppo lenti, al metro corrente, ma ciò è giustificato sia dall'età della pellicola, mezzo secolo, sia dall'ambientazione, il placido e sonnacchioso midwest.
Il titolo italiano è stato scelto, come spesso accadeva soprattutto in passato e, ahimè, anche ai nostri giorni, a pera. L'originale To kill a mockingbird (uccidere un tordo) è una delle principali chiavi interpretative del film, mentre Il buio oltre la siepe allude a una cupezza e a una chiusura che non ha un gran riflesso sull'opera.
Da notare la presenza di Robert Duvall, al suo primo ruolo significativo sul grande schermo (a dire il vero appare per pochi minuti, e ha il ruolo del demente - che però è quello che permette il lieto fine) e il fatto che, essendo basata sull'infanzia dell'autrice, uno dei caratteri è basato su un noto amico della Lee, Truman Capote. La cosa viene accennata anche in Infamous.
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