La bassa affluenza in sala mi ha fatto pensare che la mia alta opinione nei confronti di Jason Reitman come regista non sia condivisa da molti connazionali. Ho sbirciato i risultati al botteghino su MyMovies e ho avuto la tragica conferma della mia impressione. Se lavorasse in Italia, temo che non troverebbe un produttore disposto non dico a finanziargli un film, ma nemmeno a perder tempo a sentirlo parlare dei suoi progetti. Per fortuna sua (e anche mia, in quanto spettatore) le cose vanno in modo diverso.
Secondo lavoro in coppia con Diablo Cody (Juno), ma più simile per la materia trattata al precedente Tra le nuvole. Ma anche la sua opera prima, Thank you for smoking, ha da dire la sua, più per un certo sbarazzino cinismo che per il tema. Insomma, la mano del regista si sente, le storie sono interessanti e narrate piacevolmente, anche attraverso una attenta scelta musicale, e il risultato finale è all'altezza delle (mie) aspettative.
Qui si narra di una adulta irrisolta (Charlize Theron, brava in una parte così sgradevole) che, pur sentendosi ancora una ragazzina, si sta avvicinando alla quarantina. Ha lasciato il suo paesino nel nulla del Minnesota per andare a vivere nella grande città (Minneapolis) dove ha raggiunto una sorta di celebrità minore come scrittrice di romanzetti seriali per adolescenti (o, come vuole la catalogazione americana del genere, young adult). Divorziata, vive da sola in un (mostruoso) condominio di lusso in compagnia di un cagnetto petulante. Nel corso del film la vediamo spararsi quantità industriali di superalcolici con una nonchalance tale da connotarla come alcolizzata, anche se nessuno sembra farci caso. Ha un blocco dello scrittore, ma non sembra preoccuparsene molto, fa sesso casuale senza grandi aspettative, viene colpita da una email in cui un suo antico amore (Patrick Wilson) annuncia agli amici la nascita del primo figlio. Un lontano dramma nel suo passato fa scattare qualcosa nella sua mente ottenebrata e decide che lui, in realtà, è innamorato di lei, e non aspetti altro che il suo arrivo per mollare moglie e figlia e scappare con lei a Minneapolis.
La vicenda è dunque il contrasto tra una folle che pensa che il tempo si sia fermato una ventina di anni prima e chi la conosce, per cui il tempo è passato eccome. A mediare questi due poli tra cui non si riesce a creare un dialogo (è come se parlassero lingue diverse - bravi gli attori e il regista a rendere l'incomunicabilità) c'è la figura di un povero disgraziato (Patton Oswalt, ottimo) compagno di scuola della protagonista la cui notorietà è dovuta al fatto di essere stato massacrato di botte da degli imbecilli che odiavano i gay. Doppiamente imbecilli dato che lui non era gay. Oltre al danno la beffa, ora è storpio e tutti pensano che sia omosessuale. Fatto è che la sua situazione di fuori-casta gli fa capire meglio di tutti gli altri quello che sta accadendo, e diventa una sorta di riferimento per la protagonista.
La storia va veloce verso l'annunciata catastrofe ma il finale è molto simile a quello di Tra le nuvole. Anche qui la protagonista non riesce ad affrontare il cambiamento, e vede come soluzione il semplice negare che ci sia un problema, o meglio, ribaltare la frittata e convincersi che siano gli altri ad avercelo.
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