Mi pare interessante il confronto con la mia precedente visione, L'arrivo di Wang. In entrambe le storie il punto chiave è l'incontro dei protagonisti con una realtà altra (qui migranti, là un extraterrestre), ma nel film dei Manetti viene tutto gestito ad un livello molto superficiale, non c'è spazio per l'evoluzione dei personaggi, ognuno dei quali si comporta per tutto il tempo allo stesso modo, e il finale ha il solo scopo di dire chi avesse ragione tra i due protagonisti. E l'idea che mi sono fatto è che ai Manetti non importi poi tanto quello che dice la storia, che poteva benissimo finire in senso opposto, se questo fosse risultato (a loro) più divertente.
Il film di Emanuele Crialese (scritto e diretto) è decisamente più maturo. I diversi punti di vista vengono mostrati con maggior profondità, e lo scopo non è quello di dire chi abbia ragione o torto nella storia, anche se è evidente da che parte stia Crialese, ma mostrare il percorso di crescita del protagonista.
La storia è quella di un ragazzotto (Filippo Pucillo, già in Nuovomondo) rimasto orfano di padre, pescatore scomparso in mare, che viene conteso tra nonno pescatore (il puparo Mimmo Cuticchio, notevole presenza scenica), madre (Donatella Finocchiaro) vedova da tre anni che vorrebbe rifarsi una vita, e zio (Beppe Fiorello, adeguato alla parte) che ha idee molto moderne, nel senso più plastificato del termine. Ognuno dei tre vorrebbe che il piccolo si conformasse alle proprie aspettative, e lui non sa che pesci pigliare.
A scatenare l'azione ci sono una molteplicità di eventi: inizia la breve stagione turistica, il nonno ha un malore ma, soprattutto, incontrano migranti che cercano disperatamente di raggiungere le nostre coste. Filippo deve confrontarsi con i diversi approcci tenuti dai suoi familiari. Negarne l'esistenza come fa lo zio preso dal business turistico; aiutarli come fa il nonno, che segue la legge del mare secondo cui chi è in difficoltà va aiutato; seguire la via intermedia della madre, disposta magari a dare anche una mano, ma a patto che non ci siano impicci.
In realtà, se scegliesse una qualunque delle alternative proposte, il nostro prederebbe, perché non crescerebbe. Crialese, invece, gli fa trovare una via alternativa, certamente più rischiosa, ma che è sua. In quest'ottica è giusto che il finale sia aperto, al limite contraddittorio con il titolo visto che si conclude in mare aperto, perché non è importante sapere se la scelta di Filippo sia vincente o perdente.
Come da commento di Sailor Fede, mi ero dimenticato di citare la colonna sonora, in cui spicca il brano sui titoli di coda, qui rimontato su spezzoni del film:
Che sarebbe poi la versione di Le vent nous portera di Sophie Hunger. L'originale è dei Noir Désir (e si nota l'apporto di Manu Chao). La Hunger non la conoscevo, mi ricorda Cat power, e mi pare che abbia molto da dire.
Anche a me è piaciuto molto per aver affrontato questa delicata tematica in maniera seria ed obiettiva, molto bravi gli attori e molto belle le musiche (la versione finale di "Le vent nous portera" è straordinaria).
RispondiEliminaGrazie per avermi ricordato di citare la colonna sonora.
EliminaNon so se si possa dire che Crialese sia stato obiettivo, ma certamente non ha fatto un film manifesto. E ha lasciato che sia la coscienza di ognuno di noi a tirare le conseguenze.
Bello!
RispondiEliminaGrazie mille per il commento, CIAO!!!