A beautiful mind

Dal poco che ne so, la vita di John Nash è molto più complicata e meno presentabile di quello che ci viene fatto vedere nel film. E anche il suo apporto alla matematica moderna è molto più significativo di quello che si lascia vedere. Ma tenendo conto delle necessità di una produzione hollywoodiana non è che ci si poteva aspettare qualcosa di diverso.

Suona strana la decisione di dare la parte del protagonista a Russell Crowe che, anche se ci mette tanta buona volontà, non è che risulti molto credibile come nerd all'ennesima potenza, soprattutto considerando che veniva da Il gladiatore, e stava andando verso Master and Commander. Meglio nella seconda parte, dove appare molto invecchiato, quando il pesante trucco, e il mestiere, gli permettono di dissimulare la notevole muscolatura.

La regia di Ron Howard non mi ha entusiasmato, con alcune idee carine (l'illuminazione del protagonista mostrata illuminando l'oggetto) ma iterate fino allo sfinimento. Bella la colonna sonora di James Horner.

Non è facile raccontare al cinema la vita di un matematico con problemi mentali non indifferenti (schizofrenia paranoide, tanto per gradire). L'approccio seguito è quello di puntare ad sorta di thriller, lasciando nel dubbio lo spettatore se il protagonista sia matto o vittima di un complotto. Succede perciò che Paul Bettany non si capisce bene, fino a metà film, se sia un amico bizzarro o immaginario, e non è chiaro se Ed Harris sia un militare paranoico o se è un prodotto della paranoia del protagonista. Si arriva al punto che quando entra in scena Christopher Plummer nelle vesti di uno psichiatra (dai metodi che al giorno d'oggi fanno venire la pelle d'oca) ci si chiede se sia reale o una ennesima fantasia.

Superata la metà, si abbandona il mistero, e si passa alla parte più interessante. Come può fare il protagonista a superare il guaio che gli è capitato? Se prende i medicinali le visioni scompaiono, ma scompare pure la creatività, la possibilità di vivere una vita che valga la pena di essere vissuta. La soluzione sarà quella indicata dalla moglie (Jennifer Connelly), non cercare di attaccare il problema con la mente ma con il cuore. Accettare di avere amici inesistenti, ma non dare loro confidenza, cercare di entrare in relazione con gli umani, anche se sembra difficilissimo, chiedere aiuto per capire se uno sconosciuto che lo contatta (Austin Pendleton che gli comunica che stanno pensando di dargli il Nobel - per l'economia, che per la matematica non esiste, causa ruggini tra Alfred Nobel e il matematico Mittag-Leffler, le malelingue mormorano per questioni di donne) sia reale o una allucinazione.

6 commenti:

  1. Ciao ragazzo quasi fuori dal comune. Grazie per aver trovato il tempo di incollare un commento che mi pare precotto al mio blog, ma tiene presente che (1) io masculo sogno (2) e di età tale da non trovare interessante i tuoi blog che (spero che tu non ti offenda) mi sembrano calibrati sul pubblico che segue Federico Moccia.

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  2. Ed io rincaro la dose per entrambi, dichiarando che Mi piace il controcommento di BlaBla. :-D
    Ora vediamo se lo becco pure io.

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  3. Ho amato questo film, anche se Russell Crowe aveva un'impegnativa filmografia in quegli anni, anche se la prima parte è solo ragionevolmente misteriosa, e la seconda è quasi meravigliosa. Tutti comunque, al di là del romanzato, dovrebbero commuoversi per l'annuncio della candidatura al Nobel.

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    1. E in effetti la scena della consegna delle penne, al povero Nash che nemmeno osava entrare nella stanza, riscatta da sola la non troppo convincente prima parte del film.

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  4. "Bravissima", scritto ad un blogger che ha l'avatar di Dinamite BlaBla :D

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  5. Non c'è più rispetto. Nemmeno per le barbe bianche. :D

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