Uno speculatore londinese, Matthew Davenheim (Kenneth Colley), ha dato appuntamento a casa sua a un suo degno pari, tal Gerald Lowen (Tony Mathews). La moglie (Mel Martin) è piuttosto contrariata, anche perché il suo consorte ha sempre detto tutto il male possibile di Lowen, ma prende la notizia con la flemma che si addice alla sua classe sociale.
Il Davenheim, però, dopo essersi preparato all'incontro leggendo documenti nel suo studio, lasciando in sottofondo l'Ouverture 1812 di Tchaikovsky, esce per andare in contro al suo ospite, e sparisce nella nebbia.
Hercule Poirot (David Suchet) e il capitano Hastings (Hugh Fraser) vengono a sapere del caso dall'ispettore Japp (Philip Jackson), dopo che i tre hanno passato un'allegra serata a teatro, dove un prestigiatore attacca all'investigatore belga la mania per la magia spicciola.
Il povero Japp si fa attirare nella trappola di sfidare Poirot a risolvere il caso, aggiungendo la clausola che questi dovrà arrivare alla soluzione senza uscire di casa. Il che cambia poco al succo dell'indagine, se non che Hastings dovrà correre a destra e a manca per raccogliere indizi per conto del suo sodale.
Lo stratagemma che Agatha Christie ha pensato per il malfattore di questo episodio non è particolarmente sorprendente, però è simpatico che usi lo stesso sistema del prestigiatore mostrato all'inizio del racconto per distogliere l'attenzione dal trucco.
Bella, come al solito, l'ambientazione d'epoca. In questo caso, visto che Lowen è un appassionato di auto da corsa, abbiamo anche modo di vedere vetture sportive anni trenta e il regista (Andrew Grieve) ha la possibilità di giocare con il passaggio tra filmati d'epoca in bianco e nero, e il colore del resto dell'azione.
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