La felicità è un sistema complesso

Enrico Giusti (Valerio Mastandrea) mi ha fatto pensare al Benjamin Malaussène di Daniel Pennac (*). Entrambi hanno un lavoro più unico che raro, che si basa sulla capacità del soggetto di accattivarsi la simpatia di una qualche persona per guidarla in una particolare direzione. Enrico convince rampolli disadattati a mollare l'azienda di famiglia per dedicarsi a quello che davvero interessa loro, in genere scemenze insensate.

Lavora per conto dei Bernini, che prima entrano come soci di minoranza, poi usano Enrico per mangiarsi tutto quanto, fare presumibilmente un bello spezzatino in stile Gordon Gekko (1987), in ogni caso guadagnarci quanti più soldi possibile senza badare minimamente alla situazione al contorno. Il Bernini senior è una specie di cariatide che pare avere come unico interesse il potere/denaro, Enrico si relaziona piuttosto con lo junior (Giuseppe Battiston) che è un po' come i giovinotti a cui fa cambiare vita, costretto in un ruolo in cui non si riconosce.

A mettere in crisi Enrico, costringendolo a fare i conti con le pietose scuse dietro le quali si nascondeva per giustificare il suo lavoraccio, ci sono un paio di eventi. Gli piomba infatti in casa Avinoam (Hadas Yaron), appetibile giovane donna israeliana che Nicola, fratello di Enrico, ha sedotto e abbandonato. In più gli viene assegnato un caso molto particolare, dove due ragazzini si trovano sbattuti a capo di una società di medie dimensioni dall'improvvisa dipartita dei genitori.

Gran parte del peso della narrazione cade su Mastandrea, che gestisce molto bene un personaggio che pare disegnato proprio pensando a lui, e forse è proprio così, visto che Gianni Zanasi lo aveva già preso come protagonista nel suo precedente Non pensarci (2007 **). Tra incidenti, tentati suicidi, tensioni familiari e catastrofi varie, il conteggio delle vittime fa propendere per il versante drammatico, eppure gli accenni umoristici, spesso apertamente comici, mantengono la rotta narrativa in bilico sulla commedia, seppur molto amara.

Mi sembra che Zanasi punti troppo su pretese autoriali che gli sono fuori portata. Penso sarebbe stato meglio se si fossero eliminate alcune sequenze che poco o nulla aggiungono alla storia.

(*) Incrociato con qualcosa come Tra le nuvole (2009) del giovane Reitman, sia per l'eterno peregrinare del protagonista, sia per lo spinoso rapporto con il mondo del lavoro.
(**) Anche il Battiston fa l'abbinata, e anche lui sembra a suo agio nel ruolo.

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