Il forte legame con Gone baby gone è dovuto a Dennis Lehane, che ha scritto i due romanzi che hanno fatto da base alle sceneggiature. Quasi identica l'ambientazione - Boston, quartieri non propriamente molto raccomandabili - ma molto differente lo sviluppo.
Qui il cardine della storia sono le relazioni tra i tre protagonisti e tra loro e le proprie mogli. La sceneggiatura (Brian Helgeland) e la regia (Clint Eastwood) danno un taglio quasi shakespeariano alla vicenda, che potrebbe essere traslata facilmente in diverso luogo e periodo. Una tale impostazione ad alta intensità richiede capacità attoriali conseguenti, che è garantita da un trio di star di tutto rispetto (Sean Penn, Tim Robbins, Kevin Bacon) e da comprimari all'altezza.
Allo spettatore disattento, o che non si voglia fare troppi problemi, potrebbe sembrare un semplice (si fa per dire) film investigativo che tratta un caso spinoso dai risvolti drammatici. Il prologo ci mostra tre ragazzetti che giocano finché un paio di tali che si atteggiano a poliziotti intervengono caricando uno dei tre in macchina. Si trattava di pedofili che abuseranno del poveretto per giorni. Salto di una ventina d'anni, i tre non si frequentano più ma un nuovo dramma li rimette in contatto. La figlia del più teppista (Penn) viene ferocemente uccisa; a quello che era il gregario, e nel frattempo è diventato poliziotto (Bacon), viene assegnato il caso (e Laurence Fishburne è il suo socio); il capro espiatorio (Robbins), violentato da piccolo, è tra i maggiori sospettati.
Come investigazioni se ne sono viste di più intriganti, ma qui, come detto, l'interesse è più sulle personalità dei personaggi e sulle loro interazioni. In parallelo c'è anche una sorta di studio sulle relazioni tra moglie e marito, che però risulta appena abbozzato, mostrando un rapporto basato sull'incomprensione (Robbins), uno sulla fuga e la completa assenza di dialogo (Bacon), e il meglio evidenziato, con una scena nel finale in cui Laura Linney si ritaglia di prepotenza uno spazio breve ma intenso, un legame alla Macbeth (Penn).
Uno dei film più belli di Eastwood, con quei cieli lividi e vuoti di dei.
RispondiEliminaMi hai fatto ricordare di aver dimenticato di citare la scena che più mi ha colpito. Penn ha la conferma della morte della figlia, la macchina da presa sale ad inquadrare la scena dall'altro, come se un dio si chinasse ad osservare quell'omuncolo urlante. Poi la prospettiva si ribalta e seguiamo lo sguardo di Penn, rivolto ad un cielo disperatamente vuoto.
RispondiEliminaRicordo...ricordo un Tim Robbins desolato ed umano.
RispondiEliminaCiao Solo. Vero, ma c'è anche altro. Forse è giunto il momento di un'altra visione?
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