A mezzanotte e mezza del due maggio 2011 (ora del Pakistan) si è conclusa quella che forse è stata la più intensa (e costosa) caccia all'uomo della storia. Ma il film non è tanto su Osama bin Laden quanto sull'ignota agente della CIA (Jessica Chastain) che ha gestito la relativa operazione di intelligence e sui metodi usati dal suo dipartimento per ottenere il risultato.
Il taglio dato al film (scritto da Mark Boal e diretto da Kathryn Bigelow, come il precedente The hurt locker) è documentaristico, e questo è sia il pregio sia il difetto del lavoro. È un pregio perché ci risparmia il nazionalismo trionfalista a cui rischia sempre di piegarsi un progetto del genere, è un difetto perché non prende posizione su alcuni aspetti della vicenda su cui è imbarazzante non avere (o non mostrare di avere) una posizione.
In particolare, è lecito usare la tortura? Si lascia intendere che non sia particolarmente utile (l'informazione chiave che ha portato alla localizzazione dell'anello debole della catena non è arrivata per quella via) ma non viene condannata esplicitamente. Si allude al fatto che distrugga la vita non solo dei torturati ma anche dei torturatori, ma non si mostrano le conseguenze.
E poi, era davvero quella la via migliore per reagire alla serie di attentati di Al Qaeda? Con quella montagna di soldi (svariati miliardi di dollari) non era più opportuno pensare ad attaccare le cause del conflitto invece di rispondere alla violenza con altra violenza? Sotto questo punto di vista risulta più costruttivo un film come ParaNorman.
E ancora, dobbiamo essere felici che vi siano donne che hanno un ruolo militare come la protagonista, o dobbiamo rabbrividire, visto che la femminilità è vista solo come una debolezza, e lasciata a spazi secondari, mentre quando si vuole far sentire si comporta come un uomo, vedi in particolare come si relaziona con i colleghi, come quando il pezzo grosso della CIA (James Gandolfini) chiede chi sia lei.
D'altronde, forse il duo Boal-Bigelow non poteva tirare più la corda, senza correre il rischio di condannare il loro film ad una distribuzione più limitata. Il che non vuol dire solo incassi più magri ma anche minore possibilità di avere un pubblico.
Nonostante le mie riserve, il film è pregevole. Le due ore e mezza filano via veloci, la regia bilancia adeguatamente la tensione al documentaristico (camera a mano, riprese in notturna) con l'esigenza di una piacevole visione cinematografica, il cast è di ottimo livello - oltre ai sopracitati, vale la pena di ricordare almeno anche Mark Strong, e pure il commento musicale, affidato al solito Alexandre Desplat, concorre bene a delineare i contorni emotivi del racconto.
Salvo imprevisti, lo vedrò la prossima settimana. Nel frattempo toglimi una curiosità: ma la cover di "Nothing else matters" che si sente nel trailer è presente anche nel film?
RispondiEliminaNo, non c'azzecca nulla con la vera colonna sonora. Il trailer è del tipo "la distribuzione teme che il film così com'è farebbe un buco nell'acqua e allora fa finta che sia qualcosa di diverso".
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