La terza stagione inizia con un episodio speciale, tanto per la lunghezza (*) quanto per l'origine letteraria. Infatti l'omonimo romanzo (**) è il primo lavoro di Agatha Christie, scritto durante la prima guerra mondiale e pubblicato nel 1920. E' come se fosse un flashback, che ci spiega finalmente come mai il belga Hercule Poirot (David Suchet) è in Inghilterra, abbia un rapporto di amicizia e collaborazione con lo svagato capitano Hastings (Hugh Fraser), che qui è solo tenente, e anche la sua amicizia con l'ispettore capo (Philip Jackson). In pratica, con la sola assenza giustificata di Miss Lemon (Pauline Moran), i protagonisti sono già ben delineati qui per come li abbiamo già conosciuti nelle puntate precedenti.
La guerra infuria sul continente, ma Hastings è stato rimandato a casa, ufficialmente per una ferita che risulta essere di così lieve entità da farmi pensare che i suoi superiori abbiano deciso che quel tenente avrebbe dato un più significativo contributo alla vittoria stando lontano dai campi di battaglia e dedicandosi ad altro. A sua parziale discolpa possiamo dire che ha gli evidenti sintomi di uno stress post-traumatico, disturbo che ai tempi non era riconosciuto, e portava a volte alla fucilazione dei soldati che lo subivano, tacciati di codardia.
Per sua fortuna, Hastings, prima di partire per la guerra, si è creato una cerchia di facoltosi amici, e ora uno di questi, John Cavendish (David Rintoul), lo invita a fannulloneggiare nella sua villa di campagna, Styles Court, vicino all'inesistente paesino di Style St. Mary. Il realtà la magione non è di John, ma di sua madre, che è recentemente diventata Mrs. Inglethorp, avendo sposato quello che sembra un cacciatore di dote (Michael Cronin) una ventina di anni più giovane di lei, e che fa di tutto per rendersi antipatico a chi gli sta attorno.
Mrs. Inglethorp ha un caratterino ben poco accomodante abbinato a sospetti slanci di filantropia, uno di questi la ha portata a cedere in uso gratuito una sua proprietà ad un gruppetto di belgi in fuga dalla guerra. Uno di questi è proprio Poirot. Hastings lo aveva conosciuto in Belgio quando, probabilmente a causa della sua goffaggine, aveva corso il rischio di essere coinvolto in un omicidio. I due si riconoscono e riprendono la loro amicizia.
Nel frattempo Hastings mette gli occhi su una pollastrella locale, una graziosa vedovella a nome Mrs. Raikes (Penelope Beaumont), che però non lo calcola nemmeno, avendo ella una relazione con John, il quale a sua volta è sposato con Mary (Beatie Edney). Il nostro metterà gli occhi anche su Cynthia (Allie Byrne), una giovinetta miracolata dalla Inglethorp divenuta ospite fissa della famiglia, che però mira al fratello minore di John, Lawrence (Michael Cronin), che, forse per motivi di opportunità familiare, non ricambia. In più abbiamo anche una scorbutica dama di compagnia, Evie Howard (Joanna McCallum), che non sembra concupire né essere concupita da nessuno, ma nutrire solo un feroce odio per l'Inglethorp.
Succede dunque quello che tutti ci aspettiamo, la Inglethorp muore, avvelenata con una buona dose di stricnina. Il principale sospetto è ovviamente il vedovo, che sembra fare di tutto per attirare l'attenzione su di lui. Succede così che il primo intervento investigativo di Poirot sia finalizzato a non fare incriminare quello che appare a tutti (***) il naturale colpevole dell'omicidio. La seconda fase sarà quella di togliere dai guai John che, in quanto co-erede della Inglethorp, risulta essere il secondo principale indiziato. E infine l'investigatore belga potrà dare la soluzione al caso.
La Christie qui sviluppa una serie di temi interessanti. C'è infatti l'imbarazzo dei Cavendish al secondo matrimonio della loro madre con un uomo più giovane. Cosa ritenuta sconveniente, e di cui si cerca di parlare il meno possibile. C'è poi la relazione extraconiugale di John, che scatena l'ira della di lui madre non tanto per il tradimento degli affetti quanto per il giro di soldi che ne consegue (°). Anche la modalità con cui viene eseguito l'avvelenamento è verosimile e presuppone una notevole applicazione dell'assassino (e della scrittrice) alla materia.
Ci sono anche alcune debolezze. Ad esempio non riesco a capire perché mai l'assassino lasci sul luogo del misfatto un indizio così significativo, che pure aveva in mano e di cui era ben conscio della pericolosità. Poteva benissimo portarlo via e distruggerlo a suo piacimento.
Bella come al solito la produzione, con la consueta cura nella ricostruzione dell'epoca.
(*) Lunghezza doppia rispetto ai canonici cinquanta minuti.
(**) In inglese The mysterious affair at Styles.
(***) Lettori/spettatori compresi.
(°) La relazione con la vedova Raikes meriterebbe un miglior approfondimento. Non si capisce se lei mira a John per i soldi, se è solo sesso, o se si tratta di una semplice amicizia, tenuta nascosta per evitare le dicerie della gente. Qualunque sia il caso, a me pare che la povera Raikes sia la vera vittima della storia.
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