Doctor Who mini-speciale: The night of the Doctor

Nel vedere lo sciagurato film per la televisione del '96, mi sono ricordato di questo mini-speciale pubblicato dalla BBC direttamente sul web come preparazione per lo Speciale del 50°. Se là si mostrava l'arrivo dell'Ottavo Dottore (Paul McGann), qua se ne mostra l'uscita di scena.

Ci viene detto che è in corso una disastrosa guerra (*) tra i Time Lord e i Dalek, mentre il resto dell'Universo ne patisce le conseguenze. L'Ottavo Dottore si è tenuto fuori dal conflitto, ma questo non basta a renderlo diverso agli occhi di chi si vede distruggere la realtà da uno scontro di proporzioni inimmaginabili. In particolare, tale Cass (Emma Campbell-Jones) dice al Dottore che preferisce morire piuttosto di essere aiutata da un Time Lord.
A completargli il quadro della situazione arriva Ohila, che sembra essere a capo della sorellanza di Karn, e gli spiega che solo il Dottore può trovare una via di uscita, e per farlo dovrà prendere una decisione ancora più impossibile del solito.
Ottavo nicchia, nonostante che la sorellanza gli offra una pozione che gli permetterà di guidare il processo di rigenerazione. Ottavo sa che che il successore subirà la damnatio memoriae da parte dei futuri Dottori, nonostante ciò si rende conto che non può fare altro che accettare. Il nuovo Dottore non sarà il Nono, ma un Dottore di cui si perderà a lungo la memoria, che si fa chiamare War Doctor (William Hurt).

(*) Nota amichevolmente come Time War.

Doctor Who

L'ultima avventura del Settimo Dottore (Sylvester McCoy) risaliva al 1989 (*). In BBC si erano convinti che una serie di fantascienza dal budget così limitato non avesse più senso di esistere, e avevano preferito un dignitoso silenzio ad una lenta erosione del pubblico.

Anni dopo arrivano gli americani della Fox e pensano che le avventure del Dottore potrebbero avere un mercato da loro. Però vogliono che la storia abbia i'impronta che loro reputano più adatta, introducendo dettagli che faranno accapponare la pelle ai fan della serie e non riusciranno ad attirare l'attenzione degli spettatori d'oltreoceano. E così ci resta solo questo pilota, a tratti inguardabile, spesso inconsistente, ma che ha qualche passaggio piacevole.

Skaro, pianeta dei Dalek, che pensavamo distrutto, è lì tranquillo nella sua orbita. E i Dalek, non si capisce bene perché, hanno catturato il Maestro, lo hanno sottoposto ad un processo (**) e condannato alla polverizzazione. Il Maestro chiede, come ultimo desiderio, che le sue ceneri tornino su Gallifrey, e che il trasporto sia assegnato al Dottore (***).

Ovviamente tutto ciò è un astuto trucco del Maestro per rubare la TARDIS e la scorta di vite del Dottore. Per motivi poco chiari, il piano richiede che ci si schianti a San Francisco e che la Terra venga distrutta al passaggio dal 1999 al 2000, fuso orario della costa del Pacifico.

Nell'impedire che tutto ciò accada, si passa da Settimo ad Ottavo (Paul McGann), scopriamo che il Dottore ha un genitore terrestre (°), e non gli dispiace sbaciucchiare le nostre donne (°°). Il Maestro, nel frattempo, prende sembianze umane (Eric Roberts) in attesa di ottenere le vite del Dottore, e si tira dietro anche lui un companion (Yee Jee Tso), che non sembra aver alcuna utilità reale nel racconto della storia.

Tutto finisce bene, ma dell'Ottavo Dottore non sentiremo più parlare fino al 2013, quando il mini-episodio The night of the Doctor ci farà vedere come da Ottavo si passa a War Doctor.

(*) Survival, storia in tre episodi, in cui sembra che il suo arcinemico, il Maestro (Master), muoia nella distruzione del pianeta Cheetah.
(**) Cosa che non è proprio nella loro indole. Un Dalek prima stermina e poi fa domande, semmai.
(***) Non riesco a pensare quanto impossibile sia tutto ciò.
(°) Particolare che era ignoto prima, e credo non sia stato usato in seguito, se non per seminare il dubbio che fosse il Dodicesimo Dottore l'ibrido destinato a far cadere Gallifrey.
(°°) Una donna sola, a dire il vero, la dottoressa Grace Holloway (Daphne Ashbrook), che gli fa da companion.

Poirot 3.7: Doppio indizio

[Comunicazione di servizio: Marco Il Bibliofilo mi ha coinvolto nel Best Movie Tag originato da Una vita non basta. Lo ringrazio per l'attenzione e svolgo le incombenze associate in un apposito post altrove.]

Anche questo episodio espande enormemente (*) quello che era un breve raccontino di Agatha Christie, aggiungendo molta polpa, qualche sottotrama, e anche (ohimé) alcune debolezze nello svolgimento. Queste ultime sono controbilanciate dalla solita eccellente cura nell'ambientazione d'epoca (**) e da una colonna sonora originale di tutto rispetto (***).

Come Sherlock Holmes ha Irene Adler, Hercule Poirot (David Suchet) ha la contessa Vera Rossakoff (Kika Markham). Qui si incontrano per la prima volta, e in questa versione Poirot perde per lei la testa più di quanto la Christie aveva scritto. Succede infatti che l'ispettore capo Japp (Philip Jackson) veda lo spettro del licenziamento farsi reale dopo che tre furti di preziosi sono avvenuti tra compagnie altolocate e Scotland Yard non sa che pesci pigliare.

Il quarto furto vede Poirot all'opera, ma solo brevemente. Il nostro detective infatti capisce al volo due cose, che a colpire è stata la contessa, e che lui si è perdutamente innamorato di lei a prima vista. Così, invece di agire, passa il tempo con lei, visitando musei e passeggiando amabilmente.

A disperarsi non è solo Japp, ma anche il capitano Hastings (Hugh Fraser) e Miss Lemon (Pauline Moran), che si chiedono quale sarà il loro futuro se Poirot li mollasse. Abbiamo così modo di vedere all'opera i due assistenti di Poirot come investigatori, con i risultati che ci possiamo immaginare.

Controvoglia, alla fine Poirot risolverà l'inghippo, costruendo una finta soluzione al caso che salverà capra e cavoli, scaricando la colpa su di un vagabondo che, possiamo sperare, non verrà mai rintracciato.

(*) La sceneggiatura è di Anthony Horowitz, alla sua seconda collaborazione poirottesca dopo Il furto da un milione di dollari in obbligazioni. Seguiranno altri nove adattamenti.
(**) Con la despicabile eccezione dell'uso di una torcia elettrica che pare invero molto moderna.
(***) Da notare come Yitkin Seow appaia nel ruolo del pianista invitato alla festa.

Poirot 3.6: La tragedia di Marsdon Manor

Anche in questo caso la concisione del racconto breve di Agatha Chirstie ha spinto lo sceneggiatore (*) a rimpolpare la storia e, già che c'era, anche a cambiare una serie di dettagli, pur lasciando intatte le linee generali.

Hercule Poirot (David Suchet) e il capitano Hastings (Hugh Fraser) sono in trasferta nella campagna inglese, attirati con un equivoco da un albergatore con la passione del romanzo giallo. Poirot sarebbe dell'opinione di segnare il viaggio nel registro delle perdite di tempo e tornare al più presto possibile a Londra, ma il caso vuole che si imbattano nella misteriosa morte di un anziano possidente locale. La prima impressione è quella che a stroncarlo sia stata una emorragia interna, che del resto gli era stata segnalata come spauracchio dal suo medico curante, causata, sembra, da un forte spavento. Essendo in un vecchio maniero inglese, gli spettri abbondano, e la novella vedova (Geraldine Alexander) dice di essere da tempo tormentata dalle apparizioni di una terribile ragazzina defunta tempo addietro.

Lascino ogni speranza gli estimatori del paranormale, la soluzione sarà molto terrena.

(*) David Renwick alla sua quarta e ultima partecipazione alla serie. Sua anche la sceneggiatura di Nido di vespe.

Good: L'indifferenza del bene

John Halder (Viggo Mortensen) è tutto sommato una brava persona presa nel fuoco incrociato delle circostanze. Forse per fargli andare meglio le cose sarebbe bastato che se fosse riuscito a trovare una diversa soluzione al problema della demenza senile di sua madre (Gemma Jones). Vediamo infatti che la sua presenza in casa Halder complica la relazione di John con sua moglie, che a sua volta sembra essere incapace di gestire situazioni troppo complicate.

John, pur non essendo interessato alla politica, reputa il nazismo una disgrazia, e spera che si tratti di un malanno passeggero della società. Preferisce così accontentarsi del suo posto di assistente all'università, in attesa di tempi migliori. Maurice Glückstein (Jason Isaacs *), suo amico di vecchia data che gli offre anche supporto psicologico, è meno ottimista sulla faccenda. Anche perché, essendo di origine ebraica, vive direttamente sulla sua pelle la pressione del momento.

Succede poi che John venga convocato da Philipp Bouhler (Mark Strong), capo della cancelleria (**) del führer. Anni prima, John ha scritto un romanzetto di poche pretese, che però adombrava l'uso dell'eutanasia in un caso molto particolare. La sua prosa piace a Hitler, e così viene scelto per scrivere un testo propagandistico sull'opportunità, ben più generalizzata, della pratica. C'è solo un piccolo intoppo, la mancanza della tessera di partito. Era stato facile per John resistere allo suocero che gli aveva più volte prospettato l'utilità della cosa, non trova però le parole per spiegare a Bouhler la sua avversione al nazismo. Succede così che viene presentato a Freddie (Steven Mackintosh), un alto papavero delle SS, che lo arruola nell'organizzazione, assicurandogli che si tratta di una affiliazione puramente simbolica.

I vantaggi della sua nuova posizione sono immediati. Fa carriera all'università, si separa dalla moglie, e convive con Anne (Jodie Whittaker), procace sua ex studentessa. Ma non riesce a tacitare la sua coscienza, anche perché ha sotto gli occhi la parabola negativa di Maurice. Il suo turbamento interiore trova sfogo in una specie di sogni ad occhi aperti (***), in cui gli pare che la gente che ha attorno di metta a cantare brani di Gustav Mahler.

John non riesce a salvare Maurice (°), si accorge tardivamente di quanto Anne sia un abisso di vacuità, e si trova ingabbiato nell'assurda macchina autodistruttiva del nazismo. Tocco finale, giunto in un campo di sterminio alla ricerca disperata del suo amico, scopre che la realtà supera la sua ossessione, e assiste incredulo allo spettacolo di un orchestra di internati costretti a suonare mentre attorno avviene la tragedia.

Non sono ben sicuro di cosa non mi convinca nel film. La sceneggiatura basata sull'omonima pièce teatrale di C. P. Taylor, mi è sembrata forzata in qualche passaggio. Nonostante il cast sia notevole e funzioni bene, non sono rimasto colpito da nessuna scena in particolare. Magari ci sarebbe voluto un regista dalla mano più decisa, Vicente Amorim ci mette tanta buona volontà ma non direi che lasci il segno.

(*) Hello!
(**) Bouhler è un personaggio storico che ha realmente occupato quella posizione. Molto vicino a Hitler, è considerato tra i principali responsabili per la famigerata Aktion T4, il programma nazista per l'eliminazione fisica di persone con handicap.
(***) Che mi hanno ricordato quelli di Selma, la protagonista di Dancer in the dark di Lars von Trier.
(°) Forse salva un suo omonimo che si trova nel momento giusto al posto giusto, e per il quale potrebbe aver avuto valore la locuzione nomen omen, visto che Glück significa (anche) fortuna.

La corrispondenza

Ed Phoerum (Jeremy Irons) è una brutta persona. Astrofisico geniale fin che si vuole ma manipolativo, egocentrico e megalomane. Aggiungiamoci pure che ha sedotto una sua studentessa, Amy (Olga Kurylenko), giovane, bella, intelligente e atletica, che è diventata sua amante e si accontenta del poco tempo che lui riesce a togliere al suo lavoro e alla sua famiglia per completare un quadretto poco edificante che non può che rendermelo antipatico.

Però ci sono un paio di circostanze che lo salvano. In primo luogo sta per morire a causa di un brutto malanno che non è per niente gentile con lui. E poi è sinceramente e profondamente innamorato di Amy. Questo lo spinge ad ordire un complicato piano volto ad uscire di scena mettendo le cose a posto. Nel senso che, dopo essersi spupazzato la sua bella per sei anni, si è fatto una paio di domande su di lei, (a) cosa l'ha predisposta ad innamorarsi di un uomo con quaranta/cinquanta anni più di lei sulle spalle? (b) perché come lavoretto parallelo agli studi fa la stunt woman in film di una pericolosità al limite dell'assurdo? Ed si è dato delle risposte, che non gli sono piaciute mica tanto. Ovvero, ha capito che Amy ha un grosso problema, che forse la sua morte acuirà.

Cerca così di fare in modo che la sua uscita di scena ottenga il risultato opposto, mettendo Amy in condizione di affrontare le sue paure, e magari superarle. Non è facile orchestrare un piano del genere, in particolare essendo morto. Ed però può contare su una diffusa rete di conoscenti e amici che sono disposti ad aiutarlo in questa folle impresa.

Faccia attenzione lo spettatore a non tirare conclusioni affrettate su questo lavoro di Giuseppe Tornatore, tutta la prima parte del film è piuttosto nebulosa, visto che Ed vuole nascondere a Amy, per quanto possibile, quello che sta accadendo, e ci riesce egregiamente nascondendosi dietro una corrispondenza mediata da diverse tecnologie (*) che impediscono alla destinataria di capire a quando effettivamente risalgano le loro generazioni. Conviene aspettare la seconda parte per azzardare commenti.

Come il precedente La migliore offerta, cast internazionale e girato in inglese (**). Se quello era pensato come storia mitteleuropea, qui siamo più in ambito britannico, anche se l'Italia fa capolino in più punti. Non ho capito perché Orta San Giulio è stata rinominata nel finzione Borgoventoso. Forse per scatenare la curiosità in chi non la conosca?

(*) Dalla vecchia cara lettera, al filmato mandato via posta elettronica o su DVD.
(**) Il doppiaggio spegne necessariamente la recitazione dei protagonisti, Irons in particolare. Mi piacerebbe vederlo in originale.

Poirot 3.5: Nido di vespe

Ancora un racconto breve, che è stato necessariamente rimpolpato (*), per evitare che venisse reso con uno scarno cortometraggio minimalista. Al contrario, la produzione si è sbizzarrita, aggiungendo una festa paesana, una sfilata di alta moda, una corsa in automobile, e persino un ricovero ospedaliero con operazione per l'ispettore Japp (Philip Jackson).

L'aggiunta di materiale, e anche la traslazione di battute verso altri personaggi, non intaccano comunque lo spirito originale del racconto di Agatha Christie. La sostanza della storia non cambia. Hercule Poirot (David Suchet) questa volta non interviene a giochi fatti, ma riesce addirittura a prevenire un omicidio. E c'è da dire che questa volta è più facile del solito empatizzare con vittima e perpetratore. Solitamente si tratta di persone che vivono su di un loro mondo che sembra abbia ben poco a vedere col nostro. Qui, invece, abbiamo a che fare con personaggi relativamente accessibili, che farebbe più dispiacere del solito pensare destinati a morire.

L'apparenza è quella di un triangolo. Il filosofo John Harrison (Martin Turner) è fidanzato con la bella Molly Deane (Melanie Jessop), una top model che si è appena guadagnata la copertina di Vogue. Solo un'anno prima, Molly era fidanzata con Claude Langton (Peter Capaldi), un artista locale, ma qualcosa tra i due non è andato come doveva andare, ne è seguita una rottura e Molly si è messa con John. A complicare le cose, John e Claude sono grandi amici.

Il padre di John è stato uno dei primi amici di Poirot al suo arrivo in Inghilterra, e il nostro investigatore ha una gran simpatia per il giovane Harrison. Quindi, quando ha modo di vedere la meccanica delle relazioni tra John, Molly e Claude, si accorge subito che c'è un pericolo nell'aria. La sua azione riuscirà ad impedire la catastrofe, facendo sì che il potenziale assassino si ravveda e che l'amore trionfi.

Nonostante questo, il finale è ben poco allegro, con l'accettazione della irrimediabilità della fine che domina la morale del racconto.

Fino a questo punto, e per il mio gusto, il miglior episodio della serie.

(*) Questa volta da David Renwick.