Il mattatore

Sceneggiatura evidentemente scritta (anche da Ettore Scola) in funzione di Vittorio Gassman, che già aveva interpretato capolavori come I soliti ignoti e La grande guerra, per la regia di Dino Risi che, dopo aver diretto un capolavoro (lo so che mi sto ripetendo, ma non è colpa mia se in quei tempi felici il cinema italiano sfornava un capolavoro dietro l'altro) come Pane, amore e ... era incappato nella serie dei Poveri ma belli. I due si incontreranno poi per darci film come Il sorpasso, La marcia su Roma, I mostri ... fino a Tolgo il disturbo nel 1990.

Questo è un pelino sotto i lavori migliori della coppia, ma resta una commedia all'italiana estremamente godibile, grazie anche al buon cast che affianca il protegonista indiscusso: Dorian Gray nei panni di una truffatrice figlia d'arte (e meno male che non ha preso dalla madre, ci tiene a specificare); Annamaria Ferrero una ballerina che cerca di portare il mattatore sulla retta via; Peppino De Filippo truffatore con famiglia numerosa a carico, inclusa madre di età indefinibile, cieca e sorda; Mario Carotenuto truffatore di lungo corso; Alberto Bonucci truffatore specializzato nella simulazione di preti (nome d'arte Gloria Patri) eccetera eccetera.

La storia, a dire il vero, è poco più di un pretesto per dare modo a Gassman di fare sfoggio delle sue capacità camaleontiche di attore, ma già questo basterebbe a rendere il film interessante. Gerardo vorrebbe fare l'attore, ma i risultati sono miserevoli. Un amico lo coinvolge in una truffa, in cui dovrebbe fare una particina secondaria ma che scopre poi essere quella del capro espiatorio. Beccato, si fa qualche mese di galera. La prigione gli dà modo di recitare il Giulio Cesare di Shakespeare ai galeotti (contando sul fatto che non possono andarsene) e di conoscere gente del ramo. Uscito, inizia a praticare quel modo diverso di recitare. Segue un elenco di truffe, finché non si trova, praticamente a sua insaputa, sposato. Ma non dura molto, tra matrimonio e vita truffaldina finisce per scegliere la seconda. E il film finisce mentre cerca di far sparire i gioielli della corona inglese.

3 commenti:

  1. Un finale esagerato, forse immotivato, ma resta un film con Gassman più che di Risi. La prima volta che l'ho visto ho gridato al capolavorino, ma sempre pensando all'attore, non al resto.

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  2. Ripensandoci, mi pare che il finale abbia un suo senso, e che questo sia in linea con l'allegro pessimismo che Risi ha su noi italiani.

    Gerardo era cresciuto, aveva messo su famiglia, aveva un lavoro accettabile e avrebbe potuto pensare ad un futuro. Ma preferisce tornare a recitare le sue truffe e vivere in un presente piacevole ma senza prospettive.

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  3. Si vede che Gassman per il finale gli ha lasciato mano libera...

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