Un poliziotto da happy hour

Grazie anche ad un titolo italiano tra i più improbabili (in originale era The guard), dalle nostre parti è passato praticamente inosservato. Vero è che ha le sue spigolosità, e non difficile trovarsi spiazzati dalla sua impostazione in bilico tra commedia e dramma. Però avrebbe meritato una accoglienza migliore.

E' il primo lungometraggio scritto e diretto da John Michael McDonagh (fratello del più famoso Martin, che qui fa il produttore esecutivo), un decennio dopo l'esperienza di Ned Kelly (che viene tra l'altro citato di sfuggita) dove aveva adattato per lo schermo la biografia di quel Robin Hood australiano-irlandese. Nonostante il budget limitato si avvale di un cast notevole, centrato su Brendan Gleeson con il supporto di Don Cheadle.

La struttura del racconto è quella classica del buddy movie poliziottesco, con la strana coppia dei due protagonisti che si vede costretta ad affrontare congiuntamente un caso, con il solito cozzo di personalità. La sfida di McDonagh è quella di trattare questa cellula iniziale in modo personale, mescolando temi diversi, non lasciando troppo tempo allo spettatore l'appiglio di uno stereotipo a cui attaccarsi.

Si narra di Gerry Boyle (Gleeson), poliziotto irlandese ormai a fine carriera, che sembra essersi reso conto di aver sprecato la sua vita e che non abbia bene idea di cosa farsene degli anni che gli sono rimasti. In attesa di avere una illuminazione, beve, consuma droghe, ogni tanto noleggia un paio di prostitute. Non ha affetti, se non la vecchia madre (Fionnula Flanagan) a cui non resta molto da vivere.

Capita però che alcuni trafficanti di droga, capitanati da un irlandese (Liam Cunningham) che ha creato un gruppetto composito che include un delinquente inglese in crisi esistenziale (Mark Strong) e uno psicopatico (David Wilmot), anzi sociopatico, come tiene a precisare, anche se non sa bene nemmeno lui quale sia la differenza, abbia pensato di usare proprio il paesino dove opera Gerry come base per scaricare un ingente partita di cocaina. Per qualche motivo, l'FBI ritiene il caso abbastanza importante da dedicare un singolo uomo (Cheadle) alla faccenda.

Alcune trame minori concorrono a rendere lo sviluppo meno rettilineo, includendo cose come un collega di Gerry che ha un matrimonio di convenienza con una donna est europea, un bambino ficcanaso sempre fra i piedi, un fotografo dilettante attratto dal macabro, paesani gaelici molto xenofobi, residuati della lotta indipendentista irlandese.

A dominare la storia è la figura di Gerry, e la battuta chiave, ripetuta due volte, è quella che (non) lo definisce. E' un imbecille, si chiede il suo collega americano, o un fottutissimo genio? Azzarderei che, un po' come tutti gli umani, anche lui è una misteriosa e male assortita combinazione di caratteristiche contrastanti.

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