Payback - La rivincita di Porter

Cosa può spingere un essere senziente a vedere per due volte nella sua vita questo film non particolarmente significativo? Non certo la regia di Brian Helgeland, più a suo agio nei panni di sceneggiatore non originale (come anche qui, del resto, ma meglio in L.A. Confidential), ma nemmeno Mel Gibson nel ruolo principale (un delinquentello tutto muscoli e poco cervello, interpretato abbastanza bene, ma non lo metterei tra i suoi personaggi più significativi) e neanche la pur fascinosa Maria Bello, che fa più da contorno che altro.

Nel mio caso, è stata la scoperta che trattasi di un remake, o meglio, di una nuova riduzione cinematografica di un romanzo già utilizzato come base per Senza un attimo di tregua nei lontani anni sessanta. Approfittando di essermi quasi completamente dimenticato della prima visione, mi sono visto prima la versione di Boorman, poi quella di Helgeland. E devo dire che i due film, che visti singolarmente non sono poi un granché, visti a distanza ravvicinata guadagnano dal confronto.

Non è solo Point Blank a guadagnarci (bella forza, Boorman batte Helgeland anche a occhi chiusi) ma anche Payback. Vedendolo dopo si apprezzano meglio i cambiamenti nella trama, e assume un suo interesse come variazione su di un tema prefissato. Anche se c'é da dire che non è che mi pare particolarmente riuscita. È più intrigante il personaggio interpretato da Lee Marvin, che viene mosso da un presupposto assurdo, così assurdo che alla fine anche lui lo lascia perdere. Quello di Gibson è invece semplicemente un imbecille graziato da una incredibile fortuna e capacità di incassare botte, pallottole e persino martellate.

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