A single man

Visione sollecitata dalla lettura di La Tosca non è per tutti. Regia un po' troppo stilosa di Tom Ford, che è al suo primo film, e che ho poi scoperto essere effettivamente uno stilista, prima per Gucci e ore per conto proprio. Strapieno di soldi, ha trovato la voglia e il modo di dedicarsi alla sua vera passione, che sarebbe poi il cinema.

Primi anni sessanta, si segue l'ultimo giorno di vita di un inglese (Colin Firth) trapiantato in California ad insegnare in una locale università. Depresso per la morte del suo compagno, convinto che non vi sia per lui più motivo di vivere, pianifica meticolosamente il suo suicidio - la scena in cui fa le prove generali è un buon esempio di black humor - anche se poi il caso, come spesso accade, finisce per metterci il becco e il finale risulterà in un certo modo differente dalle sue aspettative.

Evento principale della giornata, prima del botto finale, avrebbe dovuto essere l'ultimo incontro con una vecchia amica (Julianne Moore), lontana amante, che si è rifugiata nell'alcolismo. Intervengono invece alcuni incontri che renderanno l'azione più vivace.

Simpatica l'idea di modulare i colori della pellicola in base allo stato d'animo del protagonista, bella la colonna sonora (Abel Korzeniowski e Shigeru Umebayashi) che coniuga atmosfere d'epoca ad una struttura di fondo minimalista. Mi sembrava di aver colto come una specie di aria di famiglia rispetto ai film di Alfred Hitchcock, e dunque non sono rimasto sorpreso quando ho sbirciato sui titoli dei brani di trovarci anche un pezzo di Bernard Herrmann.

4 commenti:

  1. Questa non la sapevo, quella dello stilista prestato al cinema con risultati ottimi, ma ora mi è venuta un'idea per una serie di post: "Questa non la sapevo". Spero di non darti filo da torcere, perché mi riempi di informazioni più che altro interessantissime. Grazie.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Una specie di strano ma vero cinematografico? Sembra un'idea divertente.

      Elimina
  2. Sarebbe più parlare di cose che pochi sanno, non tanto parlare di stranezze.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ah sì, scusa, non volevo deprezzare l'idea. Dimentico sempre che Strano ma vero, rubrica della Settimana enigmistica, ha in genere una bassa reputazione. A dire il vero sono anni che non mi capita più tra le mani la rivista, ma ai tempi la prima cosa che facevo era proprio leggere le raccolte di fatterelli sparsi tra le pagine. Oltre Strano ma vero, c'erano pure altre collezioni, ricordo ad esempio Forse non tutti sanno che ..., che mi pare fossero sostanzialmente indistinguibili.

      Elimina