Due i punti che mi sono sembrati deboli, il finale inaspettatamente positivo, che suppone un ribaltamento caratteriale dei personaggi principali in contrasto con lo sviluppo delle due ore precedenti, e la bassa espressività del protagonista (Shia LaBeouf). Immagino che entrambi siano lo scotto che Oliver Stone deve pagare alla produzione in cambio della possibilità di dirigere un film. Una storia che si può dimostrare abbia un seguito, un happy ending, un attore che possa attirare anche una platea giovanile. I produttori così pensano di ridurre il rischio, e l'impresa può partire.
Rispetto al primo episodio mi è sembrato più disilluso, come se Stone si sia arreso al fatto che l'ingordigia finanziaria abbia coinvolto (quasi) tutti e ci sia ormai poco o nulla da fare. Vedi anche Margin call che giunge praticamente alle stesse conclusioni.
L'attacco della storia è presto detta, Gordon Gekko (Michael Douglas) esce di galera (scena che mi pare una citazione dai Blues Brothers, con Gekko che ritira i suoi effetti personali, il tocco umoristico qui è che gli consegnano il cellulare con cui era entrato) e non trova nessuno ad accoglierlo. L'unica persona con cui ha un qualche legame è la figlia (Carey Mulligan) la quale però ha deciso che preferisce fare a meno di un padre il cui unico pensiero siano i soldi. Però si è trovato un bietolone di fidanzato (LaBeouf) che, guarda caso, è anche lui un trader, lavora per un tale (Frank Langella) vecchio stampo che non capisce più che diamine stia succedendo nei mercati finanziari, un suo nemico (Josh Brolin) ne approfitta per farlo fuori (economicamente), più avanti scopriremo che costui è anche colui che ha causato gran parte della detenzione di Gekko, visto che Charlie Sheen (cameo per lui, stesso ruolo, e vediamo che anche lui è diventato uno squaletto) con la sua denuncia gli ha causato solo un annetto di detenzione.
Abbiamo dunque Gekko che si vuole vendicare, e magari rientrare in contatto con la figlia, il genero che si vuole vendicare pure lui, i due sono perciò magneticamente attratti l'uno dall'altro, ma da incomodo fa la figlia, che non ne vuol saper nulla di finanza creativa. Lo svolgimento implica un gran giro di soldi e una apparizione speciale di un paio di altre capitali finanziarie, Zurigo e Londra.
Cast notevole (tranne LeBeouf) a cui vanno aggiunti almeno anche Austin Pendleton, l'avvocato balbuziente del cugino Vinnie che qui è uno scienziato al lavoro su una fonte di energia alternativa su cui LeBeouf punta molto (non è chiaro se perché abbia nonostante tutto un interesse per la realtà o se lo veda come un investimento nella prossima bolla speculativa); Eli Wallach, capo di Brolin (da notare che la suoneria di LeBeouf è il famoso refrain di Morricone da Il buono, il brutto e il cattivo); Oliver Stone che, come spesso accade, si tiene un particina per sé, e Susan Sarandon, madre del protagonista, infermiera che si è riconvertita ad agente immobiliare per sfruttare quella bolla, perde una montagna di soldi e tornerà a fare l'infermiera - in un certo senso si può pensare che sia forse sia l'unico personaggio che (forse) si salva.
Colonna sonora piacevole, dove la parte del leone la fanno David Byrne e Brian Eno. Fra l'altro si sente anche This must be the place, che genera un rimando obbligatorio al film di Sorrentino.
concordo: LaBeuf ha l'espressività di un lavandino (e con quella faccia eternamente da bravo ragazzo non è credibile in quel ruolo), mentre Douglas ha un perfetta maschera da "cattivo" e non convince nella conversione finale
RispondiEliminaEli Wallach!!!! è sempre un piacere vederti!!!!
Passano gli anni, ma il buon Wallach come cattivo ci sa sempre fare.
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