A parte alcuni sprazzi molto vividi, a partire dalla surreale sequenza iniziale, bizzarro incubo del protagonista che spiega molto sul suo stato d'animo, il tono principale del film è un grigio spento, tipico di un rodato apparato burocratico quale è quello dello Stato francese.
Scritto e diretto da Pierre Schoeller, ci mostra un passaggio importante nella vita di un politico d'oltralpe (Olivier Gourmet). Tutto sommato si tratta di un brav'uomo, cerca di fare il suo lavoro, barcamenandosi tra le contingenze del governo. Ha dei dubbi sulla sua vita, che vengono magnificati dal contatto con il suo nuovo autista, un taciturno precario quarantenne che sostituisce per un mese il titolare, in licenza di paternità. Vorrebbe lasciare la politica, anche perché sembra confusamente rendersi conto di non avere più una vita privata, ma non riuscirà a resistere alla prospettiva di un rimpasto che lo porterà ad un ministero più importante.
Molto realistico il dettaglio sui telefoni, usati a profusione da tutti quanti, che finiscono per trasbordare sullo schermo (quando ci viene mostrato in sovraimmpressione il contenuto dell'SMS letto dal personaggio).
Tra i personaggi secondari spicca Michel Blanc (già "contro" Benigni ne Il mostro), nei panni del principale aiuto del ministro, un servitore dello Stato nel senso più completo del termine.
Sorprendente la colonna sonora, basata quasi completamente su musica contemporanea (che poi ho visto essere scritta dal fratello del regista, Philippe Schoeller, che ha un lungo curriculum come compositore, e studi con gente come Pierre Boulez e Franco Donatoni) che sottolinea egregiamente la disarmonia nella vita del protagonista.
Nessun commento:
Posta un commento