Nonostante i numerosi rimandi "pulp", non è un film alla Quentin Tarantino, da cui si distacca per il punto di vista dello sceneggiatore-regista (e pure co-produttore) Martin McDonagh, che è esplicitamente contrario alla violenza, che pure mostra a piene mani. Siamo più dalle parti dei fratelli Coen, tra l'altro, la colonna sonora mi ha fatto pensare a Blood simple, visto di recente, e infatti è scritta da Carter Burwell, che ha firmato pure In Bruges.
Rispetto al precendente In Bruges, McDonagh sposa più decisamente il mezzo cinematografico, pur continuando a basarsi su una sceneggiatura estremamente ben scritta, quasi come se sia stata pensata originariamente per il teatro, ricchissima di rimandi nelle situazioni, nei personaggi, nei loro nomi, nei loro interpreti.
L'azione comincia con due killer (Michael Pitt, come non pensare a Funny games, e Michael Stuhlbarg, protagonista di A serious man dei Coen) intenti in una chiacchierata pre-omicidio che ricorda quella di Travolta/L. Jackson in Pulp fiction, ma poi le cose vanno a finire in modo completamente diverso.
Dopo questo prologo, facciamo conoscenza del protagonista, uno sceneggiatore (Colin Farrell) di origine irlandese che ha venduto una storia ad uno studio di Hollywood, nonostante che abbia al momento solo il titolo (Sette psicopatici, per l'appunto). La sviluppo non viene, e lui si dedica al suo hobby preferito, che sarebbe poi ubriacarsi. Casualmente sobrio, va al cinema a vedere un film di Takeshi Kitano con un suo amico (Sam Rockwell), attore disoccupato che sbarca il lunario riportando cani smarriti ai legittimi proprietari (dopo averli lui stesso sottratti). Nobile attività a cui si dedica in combutta con un tale (Christopher Walken, ancora Pulp fiction, dunque) molto religioso e di origine polacca, al punto da far di cognome Kieslowski (!!!). Ma se a "perdere" il cane è un piccolo boss molto violento (Woody Harrelson, Natural born killers, Non è un paese per vecchi, chiamato a sostituire Mickey Rourke che forse si aspettava qualcosa di più tarantiniano), la vicenda può prendere una brutta piega.
Le cose sono molto più complicate di quanto si può immaginare, al punto che ad un certo punto appare pure un serial killer di serial killer (Tom Waits), che afferma di aver partecipato, tra l'altro, anche all'esecuzione di Zodiac. E la stessa capriola viene fatta riguardo alla stessa trama del film, che diventa quasi pirandelliana.
Nonostante qualche concessione al mercato americano, l'ho trovato un film decisamente ben riuscito: bravo McDonagh!
RispondiEliminaGli spagnoli hanno la corrida, i francesi il formaggio, gli irlandesi sono alcolizzati. E gli americani? La tolleranza.
EliminaLa suddetta affermazione è fatta da un americano psicopatico che ammazza pure la sua donna (ma sparandole al fegato, non in testa) però tratta bene i cani (perché gli animali vanno rispettati), e cerca di convincere lo scrittore a smettere di bere, che la salute è importante.
Concessioni non ne ho viste (mi saranno sfuggite), direi invece che il film è una critica graffiante all'American way of life, e alla rappresentazione stereotipizzata della violenza che viene fatta da Hollywood. Dovendo affiancarlo ad un film, punterei su Funny games di Haneke.
Non male questa associazione a Funny games. Anche se in 7 psicopatici vedo molto più affetto! ;)
EliminaI film seguono due percorsi opposti (con McDonagh si ride, con Haneke si inorridisce) però mi sembra che l'idea di partenza sia la stessa.
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