C'è sempre un tocco di umorismo nei film di Michelangelo Antonioni, ma non me ne aspettavo così tanto in questo film. Il marchio di fabbrica è sempre inequivocabilmente il suo, e dunque ci possiamo aspettare una gran tensione emotiva, e ci possiamo pure scordare il lieto fine, ma la leggerezza del racconto è decisamente superiore a quello che sarà il suo tocco classico.
Clara Manni (Lucia Bosé) è una ragazza milanese strappata dal negozio in cui faceva la commessa da Gianni Franchi (Andrea Checchi) che, assieme a Ercole "Ercolino" Borra (Gino Cervi), produce film molto commerciali a Roma. Dopo il successo di Clara nel suo primo film, Gianni ed Ercolino decidono di sfruttare il momento, e modificano al volo la sceneggiatura della pellicola a cui stanno lavorando, riducendo lo spazio al protagonista, Lodi (Alain Cuny) per aumentare la visibilità di Clara. Succede anche che l'impetuoso Gianni decide di sposare Clara, cosa che si verifica, nonostante le titubanze di lei in un baleno.
Il matrimonio fa cambiare la prospettiva di Gianni sui ruoli di Clara. Se prima era d'accordo con Ercolino, e la donna più era ambigua e sensuale e meglio era (*), ora vuole per Clara solo parti dignitose. Arriva così a bloccare la produzione del film, argomentando che Clara deve pensare alla loro nuova casa.
Ma Clara si stanca presto. Da buona milanese, non riesce a stare con le mani in mano. Ora è una attrice, e deve recitare. Così Gianni decide di produrle un film su misura, una nuova versione della Giovanna d'Arco. Si cita esplicitamente che pochi anni prima (1948) la pulzella d'Orléans era stata interpretata da nientemeno che Ingrid Bergman, che lì sfiorò l'Oscar, scippatole nell'occasione da Jane Wyman. Gianni è un esperto produttore di melodrammoni popolari, Clara non sa praticamente nulla di recitazione, e si sceglie un confronto del genere. La sciagura è nell'aria, e arriva sotto forma di sbertucciamenti della critica e disinteresse del pubblico. In più, Clara capisce di non amare Gianni, e accetta la corte di un giovane e fatuo diplomatico, Nardo (Ivan Desny).
Da qui in poi le cose per Clara vanno sempre peggio. Gianni tenta (**) il suicidio. Clara chiede ad Ercolino di riprendere le riprese del film che era rimasto a metà, salvando con il suo successo le finanze di famiglia, dopodiché pensa che sia il momento giusto per mollare il marito per l'amante. Ma Nardo non ci sta, cerca una amante, non un grande amore. Il piano B di Clara sarebbe quello di buttarsi sul lavoro, ma si è resa conto di quanto fosse pessimo il cinema che ha fatto e vorrebbe diventare una vera attrice. Per far questo studia duramente per tre mesi (!) e poi scopre che le vere attrici sono su un altro pianeta, che forse non riuscirà mai a raggiungere.
Il finale è la sua dolorosa presa di coscienza che, ventenne, si è già instradata su di un percorso da cui non riuscirà più a scappare, brutti film, sconsolante vita privata.
Viene il magone a pensarci, eh? Però la narrazione è lieve, grazie anche a personaggi secondari ben scritti e interpretati, come la madre di Clara (Anna Carena).
Tecnicamente, poi, Antonioni è sempre da antologia. Almeno tre scene sono imperdibili.
Subito all'inizio, film nel film, siamo sul set, e Clara deve girare una scena di sesso con Lodi. I due si avvinghiano su un letto e si baciano appassionatamente. Se non ci fossero le voci e i rumori fuori campo sembrerebbe che noi vedessimo una scena reale, i due sembrano veramente amanti in azione. Finisce la scena, Clara viene portata nel backstage da Gianni e i due si baciano appassionatamente. Un bacio reale, almeno nelle intenzioni dei due, ma noi vediamo dietro un telo le ombre di un set in azione, con il regista che dà indicazioni, come se questo secondo bacio fosse finzione. Più avanti Clarà dirà che tutta la sua vita con Gianni è stata un recitare, e non capiva nemmeno lei dove fosse la realtà e dove la finzione.
A metà film c'è una scena in cui la macchina da presa resta tutto il tempo praticamente ferma, un lungo piano sequenza che si svolge in uno spiazzo in quella che allora era quasi già campagna, dietro l'Eur, a Roma. Gli edifici in stile neoclassico, e un po' da incubo, sono sullo sfondo. Arriva una macchina con Clara e Nardo, i due scendono, parlano di quanto non riescono a parlarsi, lui ci prova, lei lo respinge, risalgono in macchina e se ne vanno, e lo spiazzo torna ad essere vuoto e negletto com'era all'inizio della sequenza.
E poi c'è il bellissimo finale, dove vita privata e lavoro di Clara si mescolano inestricabilmente, e dove pure le sue emozioni si confondo tra lacrime vere e finti sorrisi per la stampa.
(*) Unico problema, occorre fare attenzione alle maglie della censura.
(**) O simula. E' un personaggio sfuggente, si capisce poco di tutto quello che fa. E' davvero innamorato di Clara o è solo un trofeo che vuole aggiungere alla sua carriera di produttore? Davvero non si era reso conto che la sua Giovanna d'Arco sarebbe stato un disastro o non era altro che un modo per rovinare la carriera di Clara?
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