Il siero della vanità

Il titolo mi aveva lasciato perplesso. Forse un riferimento a Il falò delle vanità (*)? Ma il siero che c'entra? Vedendo il film ho scoperto di un potente sonnifero (**) che il "cattivo" usa per mettere in pratica la prima parte del suo folle piano, ma non ha alcuna rilevanza all'interno della trama, poteva tramortire le sue vittime con una randellata in testa e l'essenza della storia non sarebbe cambiata di una virgola. Pensando meglio, a visione ultimata e digerita, ha un sua ragione d'essere. Come la sceneggiatura (***) anche il titolo accosta concetti a caso, come se l'accumulo bastasse a dare un senso.

Anche se la sceneggiatura ha grossi problemi, ci si sarebbe potuto tirar fuori un buon film di genere. Ci sarebbe voluto però un budget meno risicato e un regista più capace di Alex Infascelli. Forse l'aspetto da "buona la prima" di molte scene è dovuto alla mancanza di soldi, ma un risultato così deprimente dal notevole cast a disposizione deve essere figlio anche di una carenza di direttive. Credo che Infascelli abbia anche voluto giocare sul basso costo, forse pensando di ottenere un risultato artistico (°), citando magari film simili di trent'anni prima. In ogni caso con me questo approccio non ha funzionato, mi sono solo annoiato e infastidito.

Lucia (Margherita Buy) è una ispettrice di polizia in crisi. Due anni prima un'azione da lei coordinata è finita in modo splatter, e lei si sente responsabile (°°) del disastro. In più, mentre lei era in ospedale, il marito, vice-questore, l'ha mollata per altra. Ora fa solo lavoro di routine, nonostante abbia un evidente fiuto investigativo, ha una brutta tendenza all'alcolismo, zoppica, e vive con il figlio adolescente con cui intesse un rapporto spigoloso. Insomma, una sciagura.

Sembra però che in tutta Roma non ci sia investigatore più acuto di lei, così, quando iniziano a sparire noti personaggi della televisione trash, e la pressione sul suo ex-marito aumenta, questi non ha altri a cui rivolgersi se non lei. Malvolentieri, lei prende in mano il caso, appoggiandosi a Franco (Valerio Mastandrea), collega con cui lavorava ai tempi.

Si scopre rapidamente che al centro del caso c'è lo show di tale Sonia Norton (Francesca Neri), uno di quei programmi che mescolano psicologi, soubrette, casi patetici, e quant'altro, al fine di tirare fuori il peggio dagli spettatori. Tra le varie brutte persone coinvolte, ha un po' più di spazio Azzurra (Barbora Bobulova), che vorrebbe non sommergersi completamente nel fango, ma è anche troppo debole per tirarsene fuori.

Dopo uno svolgimento poco appassionante si arriva alla resa dei conti finale, dove si mostra come tutti siano delle schifezze immani, chi più chi meno, tranne Lucia.

(*) C'è qualcosa del romanzo di Tom Wolfe, tradotto in film da Brian De Palma con risultati non eccelsi, che riverbera nel soggetto. La distanza è però abissale e forse sarebbe stato meglio evitare ogni possibile allusione.
(**) Di un assurdo colore verde acido.
(***) Debutto di Antonio Manzini su soggetto di Niccolò Ammaniti.
(°) Vedasi ad esempio la scena in cui Margherita Buy siede pensosa al tavolo, mentre la macchina da presa lentamente si alza. Il che darebbe un approfondimento emotivo sulla situazione del carattere, se non si fosse voluto - intenzionalmente, mi aspetto - sporcare l'immagine con un fastidioso riflesso, come se la ripresa fosse fatta da un dilettante.
(°°) E, in buona parte, a ragione.

2 commenti:

  1. Gli attori mi piacciono, indubbiamente la tua acuta e precisa recensione mi ha un po' disorientata..
    Vedremo..
    Abbraccione amico caro..

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    1. Se posso darti un consiglio, resta disorientata e impiega il tuo tempo in altra maniera. Anch'io mi sono lasciato attirare dal cast, e pure dal nome di Ammaniti. E me ne sono pentito.

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