Una vicenda che, essendo storica, ha dell'incredibile. Una tipa che viene sottoposta a un processo militare farsa, si sa sin dall'inizio che verrà condannata, e che molto probabilmente la sentenza sarà capitale, per il motivo fondamentale che non si riesce a trovare il di lei figlio, "Dobbiamo condannare un Surratt, se non si trova il figlio, mi va bene la madre".
Dramma storico ambientato un secolo e mezzo fa, centrato sulla cospirazione che portò all'omicidio di Abramo Lincoln. Il punto del film è che in risposta a quell'attacco non fu giustizia ma una rapida vendetta, orchestrata dal ministro della difesa (Kevin Kline) che si trovò ad avere in mano il potere. La signora Surratt (ottima Robin Wright) viene arrestata come cospiratrice nonostante le scarse prove, e un paio di testimonianze che sembrano, come fa giustamente notare il suo avvocato difensore (James McAvoy), per lo meno poco attendibili.
Buona la regia di Robert Redford che resta in bilico tra il dramma storico filologico e la meditazione quasi filosofica sul diritto ad un equo processo per chiunque.
Notevole il cast che include anche Tom Wilkinson (senatore del sud a cui sarebbe originariamente assegnata la difesa, ma che la passa a McAvoy - eroe di guerra - per questioni di opportunità) e Evan Rachel Wood (altro elemento della famiglia Surratt).
Molti i film che mi sono venuti in mente durante la visione, Il buio oltre la siepe per la figura dell'avvocato che prende le difese di un accusato considerato indifendibile; Mio cugino Vincenzo per la teatralità del pubblico ministero; Il verdetto per la relazione conflittuale tra avvocato e assistito; e anche L'asso nella manica, per il coraggio del regista a trattare un tema decisamente impopolare.
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