In Midnight in Paris il protagonista, nostro contemporaneo che passa le notti nella Parigi degli anni 20, si toglie la soddisfazione di suggerire a Luis Buñuel di fare questo film suggerendogli in modo essenziale la trama: un gruppo di persone, dopo aver cenato a casa di uno di loro, non riescono più ad abbandonare la sala. Buñuel non capisce, sembra quasi oltraggiato da tale insensatezza. Chiaramente il vero Buñuel non avrebbe mai reagito in quel modo, ma nel contesto del film la scenetta è molto divertente.
Non vedevo questa pellicola da decenni, e ne avevo un ricordo piuttosto sbiadito. Al punto di non notare come la scena della cena in Hollywood party sia chiaramente debitrice della cena di questo film. Avevo invece miglior memoria di un altro capolavoro buñueliano, Il fascino discreto della borghesia, e ho invertito le dipendenze.
Buñuel ha una limpida impostazione postmoderna e quindi non se ne avrà a male se leggo il suo lavoro a mio modo. Io ci ho visto una critica al nostro modello economico, con un evidente accenno alla crisi corrente. La compagnia alto-borghese siamo noi, ricco occidente, che ci siamo scollati dalla realtà, diciamo e facciamo cose assurde. Non capiamo bene come, ma finiamo in una situazione che sembra disperata. Ma in modo ancor più inesplicabile ne usciamo. Impariamo qualcosa? Buñuel ne dubita.
Il punto debole di questa interpretazione è che il film risale a mezzo secolo fa. Ma per un surrealista del calibro di Buñuel, non mi pare questo sia un problema sostanziale.
Tra le bizzarrie del film ce n'è una, involontaria, che difficilmente può essere percepita dallo spettatore che non sia italiano e con qualche anno di troppo sulle spalle. Il periodo in cui il gruppo di protagonisti resta bloccato nella sala è delimitato nel tempo dalla duplice esecuzione dell'allegro dalla sesta sonata del Paradisi:
Nota ai più come "la musichetta dell'intervallo della RAI".
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