L'illusionista

Stavo blaterando su Componente instabile di quanto il muto non sia poi disprezzabile al cinema, e che io, se fossi un produttore (in my wildest dreams) ci farei pure un pensierino sull'investire in film dove il chiacchiericcio fosse limitato al minimo, o anche escluso del tutto. Certi racconti, argomentavo, si reggono benissimo anche così. Anzi, forse pure meglio. A quel punto Sailor Fede ha notato che in effetti un film come L'illusionista del parlato se ne fa poco o niente. Perdinci, L'illusionista! Me lo ero dimenticato. Uscito in Italia nel dicembre 2010, da me clamorosamente mancato sul grande schermo, segnatomelo come da recuperare appena possibile, me lo sono ricordato grazie al revival del muto.

Fare attenzione che si tratta de L'illusionista del 2010, diretto da Sylvain Chomet, animazione. E non L'illusionista del 2006, diretto da Neil Burger (a sua volta bello, direi sottovalutato probabilmente a causa di uno di quegli incidenti che ogni tanto capitano, qui nelle sembianze di The prestige, stesso anno, tema simile ma diretto da Christopher Nolan).

Sapevo vagamente di cosa si trattava, una sceneggiatura originale di Jacques Tati adattata e diretta da un talentuoso francese (Chomet) di cui sentivo parlar bene che non avevo praticato. Per me Tati è uno dei geni assoluti del cinema, e dunque anche se la trasposizione fosse stata mediocre, la sceneggiatura mi bastava come garanzia del risultato.

Non penso di riuscire a rendere con le parole quello che ho provato vendendo già solo le prime battute della pellicola. Protagonista un anziano illusionista, copia conforme animata di Jacques Tati in persona. E chi ha presente il personaggio di M.Hulot, vedasi ad esempio le sue Vacanze o Play Time, si rende ben conto che non è cosa facile.

Un film a dir poco eccezionale, per chi apprezzi il genere. Chomet ha assorbito alla perfezione lo spirito originale e lo ha reso da maestro in una animazione classica (ma che non disdegna l'uso di moderne tecnologie). Da notare che l'equazione animazione = bambini qui non vale. Tempi lenti, grossa attenzione ai dettagli e alle emozioni, qualche parola in francese, qualche parola in inglese, e anche un po' di incomprensibile (almeno a me) scozzese.

Il protagonista è un buffo ma bravo illusionista (che si fa chiamare con il vero cognome di Tati, Tatischeff) che non riesce più a far presa sul pubblico. Lo si vede accettare contratti sempre meno prestigiosi, accompagnato da un coniglio dispettoso che più che trucco del mestiere è compagno di vita. Incontra una ragazzetta, pura di cuore ma sciocchina, che pensa che lui sia un mago, nel senso potteriano del termine. I due prendono a girare assieme, legati da un affetto padre/figlia (più chiaro in lui, forse meno in lei). Giungono ad Edimburgo, dove lui esercita con scarso successo in teatro, e cerca di raggranellare soldi anche con lavoretti extra, anche lì con risultati scarsi. Un giorno si accorge che lei non è più una ragazzetta, è diventata una donna, e si sta innamorando di un giovanotto (nel momento della rivelazione, per non farsi vedere dalla coppia, Tatischeff entra in un cinema dove stanno proiettando Mio zio, e così per qualche secondo abbiamo Hulot e Tatischeff nella stessa scena). E capisce che è giunto il momento di staccarsi da lei, per lasciare che faccia la sua vita.

2 commenti:

  1. Grazie per la citazione :)
    Sono contenta che anche a te sia piaciuto "L'illusionista", bisogna saper assaporare i silenzi e questo film è l'ideale.

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  2. Grazie a te per avermelo ricordato :)

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