Soul kitchen

Direi che sia comprensibile sia l'entusiasmo di alcuni (vedi ad esempio i premi raccolti a Venezia) sia le perplessità di altri (tra cui La Tosca) per questo film scritto e diretto da Fatih Akin.

Nonostante il budget limitato, il risultato è tecnicamente ineccepibile (la macchina da presa è sempre al posto giusto, bella fotografia, simpatica colonna sonora, molto soul, ovviamente), la storia è piacevole, la recitazione di buon livello.

Lascia forse un po' a desiderare la sceneggiatura, che finisce per trascurare gran parte degli innumerevoli filoni presentati, e mescolando in modo a tratti non troppo convincente ingredienti fin troppo diversi tra loro.

Si narrano le comiche disavventure di un greco-tedesco (Adam Bousdoukos) che gestisce un ristorante di infima categoria ad Amburgo. Ci ha messo una gran passione per avviarlo, poi qualcosa deve essere andato storto, e ha finito per rassegnarsi ad una mesta sopravvivenza, offrendo pasti disillusi a clienti altrettanto desolati.

Il film inizia quando tutti i nodi vengono al pettine. La fidanzata se ne vola in Cina per seguire il suo sogno di carriera; il fratello galeotto (Moritz Bleibtreu) lo tampina; l'ufficio delle tasse gli pignora lo stereo, per stimolarlo a pagare gli arretrati; un vecchio amico (Wotan Wilke Möhring) è così interessato al suo posto (media l'interesse di un perfido speculatore, interpretato niente meno che da Udo Kier) da creargli una serie di problemi aggiuntivi. A completare il drammatico quadro, arriva pure un perfido mal di schiena che sembra essere la mazzata finale, rendendogli difficile quasi ogni movimento.

Come spesso accade (almeno al cinema), quella che sembra essere la stoccata conclusiva risulta essere il giro di volta. Costretto dagli eventi, finisce per contattare un burbero chef (Birol Ünel) che, se pur a modo suo, finisce per riportare il locale nella direzione "soul" iniziale che era andata chissacome persa. L'impossibilità di vedere un medico (non avendo una copertura sanitaria degna del nome) lo porta a frequentare una bella fisioterapista. La necessità di delegare, lo porterà a doversi fidare del fratello con amicizie pericolose.

Non che tutto fili liscio come l'olio, anzi, ma la necessità di un cambiamento finisce per avere un impatto positivo sulla vicenda.

Avrei preferito una minor complicazione della storia, e un maggior approfondimento dei personaggi minori, tutti disegnati con gusto, ma senza dare quasi a nessuno il tempo sufficiente per raccontare almeno una parte della loro storia.

7 commenti:

  1. sì, effettivamente io avevo avuto proprio le impressioni che mi sembra di capire hai avuto anche tu... bello, ma non trascendentale!

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    1. come dire ... le qualità ci sono, ma l'alunno (ops, il filmmaker) dovrebbe applicarsi di più.

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  2. E' un'odissea, è un viaggio filosofico, un rimettersi agli altri, una parabola...insomma, a me è sempre piaciuto. Ci mettiamo la musica poi, l'ambientazione suburbana, i personaggi, le situazioni, il prefinale dove non manca niente....No, non è nemmeno complicato, o alla deriva in certi punti. Io me ne sono innamorato subito, e non sono nemmeno un ristoratore.

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    1. La storia la direi complicata, non perché non si capisca qualcosa - in questi in effetti è molto lineare - ma per il gran numero di personaggi minori che appaiono per brevissimo tempo, per il molto che si lascia sottinteso. Vedi ad esempio la fisioterapista, che in fin dei conti dovrebbe essere un personaggio importante, e di cui non sappiamo praticamente nulla. Eppure ci sarebbe tanto da approfondire, ad esempio il suo rapporto con lo "Spaccaossi" (dalle mie parti, e sono lombardo, mica turco, fino a non molti anni fa esisteva una figura simile, una specie di fisioterapista informale, curiosamente nota con lo stesso soprannome) con l'incontro tra culture diverse, non solo per origine geografica.

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  3. Ho visto di peggio recentemente, è che una sfiga così, fino al finale, non credi si possa risolvere, neanche con uno Spaccaossi qualsiasi, che almeno chiarirebbe il senso della vita. -DDD

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    1. Di roba peggiore ce n'è a bizzeffe, mi pare indiscutibile. Però, visto che Akin mostra di avere le qualità, dispiace che non faccia il passettino in più che manca al film per entrare a far parte del gruppo delle cose migliori.

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    2. Sai che non mi aggiorno spesso sulle cose recenti, ma spero, anche se non ho visto nient'altro del regista, che riesca ad emergere, o a farsi notare più del dovuto. O gli è capitata una sceneggiatura così, un colpo di fortuna, oppure deve crescere...

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