L'importanza di chiamarsi Ernest

Stando alla definizione classica, non c'è nessuno, sia nella pièce teatrale originale di Oscar Wilde sia in questa versione cinematografica di Oliver Parker, che si possa dire "earnest" (serio, coscenzioso, sincero). E nemmeno Ernest, a dire il vero. Però i due protagonisti maschili pretendono di esserlo, sia di nome si di fatto. Si stabilirà poi che non è così importante esserlo, quanto apparirlo. Una spietata critica della società dell'epoca eseguita con leggerezza ammirevole che, a ben vedere, vale anche per i nostri tempi.

John (Colin Firth), detto Jack, è un nobile di campagna che si è inventato un fratello scapestrato residente a Londra, Ernest, che usa come scusa quando vuole andare in città. Lì assume la personalità che ha inventato, conduce vita dissipata, e ha fatto amicizia con un debosciato all'altezza della fama del suo inesistente fratello, Algernon (Rupert Everett), detto Algy. Questi ha una terribile zia, Lady Augusta Bracknell (Judi Dench), e una adorabile, per quanto sventata, cugina, Gwendolen (Frances O'Connor). Jack ama Gwendolen, ma Gwendolen ama Ernest, il che non sarebbe poi un grosso problema, se non fosse che è proprio il nome di battesimo di Ernest a focalizzare la passione di Gwendolen.

Inoltre John ha una nipote, Cecily (Reese Witherspoon), di cui è il tutore in attesa che lei raggiunga la maggiore età, e che si è innamorata dell'inesistente cugino Ernest. Anche questo non sarebbe un problema, se non fosse che Algy decidesse di impersonare Ernest e si innamorasse a sua volta di Cecily.

A lato abbiamo pure Miss Prism (Anna Massey), che cura la crescita culturale di Cecily e che ha una timida passione per il dottor Frederick Chasuble (Tom Wilkinson), curato di campagna.

Notevolissimo il cast, a parte la stonatura di Reese Witherspoon, che brilla per la sua incongruità e deve essere stata imposta dal coproduttore americano come mezzo per attirare il pubblico d'oltreoceano. Secondario l'apporto di Wilkinson e della Massey per la limitatezza dello spazio a loro disposizione, limite che non riesce invece a sminuire Judi Dench, perfettamente a suo agio nel ruolo.

Sui titoli di coda i due protagonisti cantano una versione estesa della serenata che fanno alle loro belle, per ottenere il perdono quando si scoprirà che nessuno dei due è E(a)rnest. Ad un certo punto Everett ammonisce Firth che "less is more". Avrebbe dovuto dirlo anche a Parker, che si è fatto prendere un po' la mano e ha cercato di aggiungere, soprattutto visivamente, dettagli alla commedia, mentre sarebbe forse stato meglio seguire la direzione opposta.

9 commenti:

  1. Molto carino e divertente, in particolare la scena della serenata: sono un'ammiratrice di Wilde ma questa versione non mi è dispiaciuta.

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  2. Mi piacque molto all'epoca.
    Ricordo che mi regalarono anche il DVD..

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    1. Non mi pare che ci siano altre versioni cinematografiche recenti, e dunque vince per assenza di competizione.

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  3. all'inizio il particolare del tatuaggio che Gwendolen si fa incidere sul gluteo mi sembrava un anacronismo
    ma mi hanno informato che non lo è: ai primi del 900 usava già

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    1. A me lo stile musicale di Algy m'è sembrato in anticipo sui tempi. Forse che Parker abbia intenzionalmente spostato l'epoca dei fatti in avanti?

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    2. pare anche a me
      Algy si esibisce in un ragtime da primi 900, mentre la commedia di OW è del 1895

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  4. io l'avevo trovato piuttosto divertente, e l'aspetto farsesco era stato sfumato in alcune scene a metà tra l'ironico e l'onirico. Di Oliver Parker avevo preferito Un Marito Ideale, ma anche questo non è male (salvo Cecily, che non si può guardare)

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    1. Mi ricordi che ai tempi avevo sentito parlare bene di Un marito ideale, ma poi non mi è mai capitato di vederlo, prima o poi mi dovrò ricordare di recuperarlo. Il primo film di Parker che ho visto è stato Johnny English Reborn.

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