Anche per la seconda stagione vale la maledizione dell'episodio di mezzo, che mi soddisfa meno degli altri. Ho controllato, e non si tratta di uno sghiribizzo del momento, pure alla prima visione ho avuto la stessa sensazione.
Come è facile intuire, questa volta l'avventura è basata su Il mastino dei Baskerville, con gli opportuni stravolgimenti che, incredibilmente, mantengono la sostanza della storia di Conan Doyle.
Come vuole il canone, gran parte dello svolgimento avviene nella campagna, lontano da Londra. Ma qui il dottor Watson (Martin Freeman) non opera, se non brevemente, disgiuntamente da Sherlock Holmes (Benedict Cumberbatch). Baskerville, al centro della narrativa, diventa un segretissimo centro di ricerca militare. E il cattivo, invece di affondare nelle paludi farà una diversa tragica fine, seppur in un certo senso paragonabile a quella originale.
Nell'episodio precedente si evidenziava come la focalizzazione di Sherlock sul lato intellettuale a scapito di quello affettivo avesse i suoi aspetti negativi. Qui, oltre a reiterare il punto, si ha modo di vedere quanto il consulting detective possa essere sorpreso dallo scoprire che non sempre ci si può fidare dei propri sensi.
Nessun commento:
Posta un commento