Sherlock Holmes (Benedict Cumberbatch) si annoia. Non trova casi che lo stimolino, e in queste condizioni, nonostante gli sforzi del dottor Watson (Martin Freeman) e della signora Hudson (Una Stubbs), quasi non riesce a resistere alla sua dipendenza da tabacco (anche se fa un accenno a qualcosa più forte del sette per cento, evidente citazione della soluzione al 7% di cocaina di cui faceva uso l'Holmes originale).
E' sul punto di scartare un ennesimo caso per scarsità di interesse quando il cliente definisce l'animale che lo tormenta "hound", ovvero cane da caccia (per noi, tradizionalmente, mastino). Un termine antiquato, raramente usato in questo modo ai nostri giorni, che colpisce l'animo investigativo del nostro, facendogli pensare che ci sia del marcio nel Devon.
L'indagine è simile a quella narrata da Conan Doyle ne Il mastino dei Baskerville, con una serie di varianti, anche significative. In particolare qui bisognerà fare i conti con una base militare in cui avvengono sperimentazioni un po' di tutti i tipi. Sherlock riuscirà a penetrarla prima fingendo di essere suo fratello Mycroft (Mark Gatiss, sua anche la sceneggiatura di questo episodio), e poi usando la sua influenza.
Watson contribuirà all'indagine con un paio di intuizioni, una delle quali si dimostrerà erronea e pure imbarazzante. Sherlock si mostrerà, come suo solito, incapace di tatto o sentimento. Anche se farà un tentativo (un po' vero, un po' falso) di comportarsi amichevolmente con Watson.
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