Il monello

Lei (Edna Purviance), sedotta e abbandonata, esce da un ospedale che sembra quasi una galera con il figlio della colpa. Schiacciata da resposabilità di cui non riesce a farsi carico decide tra mille titubanze di abbandonare il frugoletto su un'automobile da ricconi, sperando così di assicurargli un futuro migliore. Non è la sola ad aver adocchiato la vettura, che viene rubata, così che l'infante finisce in un cantuccio in un quartiere disperato della città. Difficile dire se sia un bene o un male per il poppante ma, invece del riccone immaginato dalla madre, finisce nelle mani di un vagabondo (Charlie Chaplin) con qualche innocua e illusoria fissazione da nobile decaduto. Costui è infatti un pezzente tra i peggio messi ma ha anche un cuore grande così e, una volta messe a tacere le ragioni della testa che lo spingerebbero a passare il problema a qualcun altro, si dedica con tutta l'anima a quello che considera suo figlio (anche prima di sapere che sesso abbia).

Cinque anni dopo l'infante è diventato uno sfrontato monello (Jackie Coogan) che "lavora" col vagabondo nella loro premiata azienda per la rottura e sostituzione di vetri. Attività che viene interrotta da un solerte poliziotto, ma non prima che i due gli abbiano rispettivamente rotto un vetro di casa e sedotto la moglie.

La madre del piccolo, nel frattempo, è diventata una attrice di successo. Non è riuscita a cancellare la pena per il figlio che ha abbandonato, e cerca di lenirla (o la mantiene viva) facendo volontariato nelle peggio vie del borgo. E' così che lo incontra, senza poterlo riconoscere, e scatena involontariamente una sequenza di avvenimenti che portano il piccolo a fare a botte con un altro monello e questi a far intervenire il nerboruto fratello che vuole rivalersi sul vagabondo (ma finirà suonato). L'agitazione degli eventi finirà per essere troppa per il bimbo che cadrà malato. Il medico che interviene nota lo squallore della vita che i due conducono e offre come soluzione l'orfanotrofio. Ma questa famiglia, per quanto anomala, non vuole essere distrutta, e i due scappano, causando un'agitazione bastante a che Lei scopra che il piccolo è suo figlio.

Si è dunque ristabilito il legame madre-figlio che si era rotto all'inizio della storia. A farne le spese è il vagabondo, rimasto solo senza sapere cosa sia successo. Cerca il monello fino a cadere esausto sulla soglia di casa, per fare un sogno che vorrebbe essere consolatorio, in cui il suo quartieraccio si trasforma in un angolo di paradiso e tutto sembra andare per il meglio. Ma la sua pena è tale che nemmeno in un paradiso che lui stesso si è creato riesce a trovare pace.

A svegliare il poveretto sono i maltrattamenti di un poliziotto che lo ha riconosciuto. E' così demoralizzato che non fa nemmeno un tentativo di opporsi all'arresto. Abbiamo visto in precedenza come il vagabondo sia una specie di saponetta, capace di scivolare via di mano a tutto e tutti, ma ora non ne vede più il motivo, e si lascia passivamente portar via verso il suo destino. Grazie al cielo questa è una commedia, e c'è ancora tempo per un'ultima sorpresa, un finale in cui sembra di tornare nel sogno del vagabondo, dove persino il poliziotto ride e se gli mette le mani addosso è solo per dargli bonarie pacche di incoraggiamento.

Alcune scene sono un prodigio di concisione, in una manciata di secondi esprimono osservazioni che potrebbero essere espanse in sottotrame da una decina di minuti. Vedasi ad esempio quella dedicata al padre biologico del monello. Ha una foto di Lei sul caminetto, sembra guardarla con un certo rimpianto ma quando cade nel fuoco dedica solo un attimo alla decisione se salvarla per quanto bruciacchiata o mandarla nel centro della vampa. Per poi passare ad altro.

Primo lungometraggio scritto, diretto, prodotto e interpretato da Charlie Chaplin, visto nella versione di mezzo secolo dopo, con una editazione che riduce la parte della madre (che a tutti gli effetti è secondaria rispetto alla trama principale) e correda le immagini di una nuova colonna sonora, entrambe opera di Chaplin.

7 commenti:

  1. Grazie a te, Silvia. Non sono interessato ma lascio il commento che magari i riferimenti possono tornare utili ad un qualche lettore.

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  2. Eppure io ricordo un lieto fine...o perlomeno qualcosa che faccia supporre sia tale. Sbaglio?

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    1. Non sbagli. L'ho solo accennato senza entrare nel dettaglio per non rovinare il finale a sorpresa.

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  3. L'ho recuperato recentemente, per la mia cultura personale.
    E' stata un esperienza formativa :)
    Ho visto un pezzo di storia del cinema.

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    1. Credo che sia la notoria precisione maniacale di Chaplin a far sì che una pellicola che ha quasi un secolo di vita sia capace di dare ancora molto a chi si interessi di cinema.

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  4. davvero un grande film
    segna il passaggio tra i cortometraggi della giovinezza alle grandi storie della maturità

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    1. Vero, sembra proprio in bilico tra le comiche da due rulli e i lungometraggi che seguiranno.

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