Jakob il bugiardo

Siamo sul finire della seconda guerra mondiale nel ghetto ebraico di una città polacca. Jakob (Robin Williams), per una bizzarra circostanza, viene ritenuto dai suoi compagni di sventura in possesso di una radio, con la quale sarebbe informato degli sviluppi della guerra. In realtà il suo segreto è un altro, sta ospitando una bambina (Hannah Taylor Gordon) che è scampata ad un precedente viaggio della morte. Poco cambia per la sua precaria situazione, visto che entrambi i reati sono passibili di pena di morte.

Il presunto possesso della radio, però, gli crea un dilemma morale irrisolvibile. Negando l'esistenza della radio spegne l'ultima fiammella di speranza del ghetto, inventandosi notizie sui russi in avvicinamento crea false speranze e spinge alcuni a comportamenti pericolosi. Che fare? Alcuni, come Frankfurter (Alan Arkin), ritengono che il solo fatto di lasciare che una radio esista nel ghetto sia un pericolo inaccettabile, altri, come il dottor Kirschbaum (Armin Mueller-Stahl), pensano che un briciolo di speranza non possa che far bene.

A risolvere il problema ci pensano i nazisti, che caricano tutti quanti su di un treno.

Remake di un film tedesco orientale (con la particolarità che Mueller-Stahl ha recitato in entrambi) ad opera di una produzione franco-americana che mi pare abbia tolto il mordente originale senza aggiungere molto in cambio. Buon il cast che, oltre ai sopracitati, include anche Mark Margolis (habitué dei film di Aronofsky), Bob Balaban (il barbiere), Mathieu Kassovitz (il fondamentalista che vede nella radio uno strumento del demonio), Liev Schreiber (l'ex-pugile). Alla regia il padre di Mathieu, Peter Kassovitz, che ha pure partecipato alla scrittura della sceneggiatura.

La scena iniziale, con un foglio di giornale che viene inutilmente inseguito da Jakob mentre il vento glielo fa danzare dispettosamente attorno, ricorda troppo la piuma di Forrest Gump, e il finale fantastico, in cui le menzogne di Jakob si materializzano a salvare i suoi amici, ricorda quello di La vita è bella di Roberto Benigni, stessi occhi spalancati di stupore dei bambini.

4 commenti:

  1. Lo ricordo con molto piacere.
    Concordo sul paragone de "La Vita è Bella".

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    1. Da qualche parte qualcuno della produzione deve aver pensato che fosse una buona idea fare riferimenti ad altri film, come se la storia originale non fosse sufficiente. Secondo me si sbagliava. Mantenendo la sua indipendenza gli avrebbero fatto un miglior servizio.

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  2. Lo ricordo bene, mi era piaciuto. Tu hai citato "la vita è bella",ma a mio avviso ha qualcosa in comune anche con "TRain de vie".

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    1. Ho un ottimo motivo per non aver citato Train de vie, non l'ho visto, avrei potuto direi solo banalità come quella che segue: Jakob, treno e vita bella sono usciti più o o meno nello stesso periodo, e raccontano tutti e tre una storia che ha a che fare con la Shoah.
      Per cui direi che il tuo paragone è lecito.
      Di Radu Mihaileanu ho visto Il concerto, che ho apprezzato. Ne ho pure regalato un dvd a una amica, ora che ci penso. Prima o poi recupererò anche il suo treno, grazie per la segnalazione.

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