Naturale sviluppo del precedente Luci della città, con cui condivide l'impianto di lungometraggio basato su una storia in sé un po' debole il cui scopo principale è quello di fornire da cornice per una serie di avventure di Charlot.
Anche qui il ruolo di Charlie Chaplin è preponderante: scrive sceneggiatura e score musicale, produce, dirige, e interpreta il ruolo principale.
Anche in Tempi moderni il sonoro serve più a veicolare musica e rumori che a permettere agli attori di parlare. Da notare che il tema nasce nella seconda parte e ci porta fino al finale, Smile, ha avuto un successo che ha trasceso il film diventando praticamente uno standard della musica leggera. C'è del parlato, a dire il vero, ma viene presentato come innaturale: a parlare sono solo le macchine (un avvenieristico sistema di videocomunicazione, un disco che fa da sottofondo alla presentazione di un bizzarro macchinario, una radio), fino al colpo di scena nel finale, dove l'eterno vagabondo canta - anche se lo fa in una lingua inventata.
Se nel suo insieme la storia non è memorabile (ad un ometto succedono varie disgrazie, finché incontra una affascinante monella - Paulette Goddard - con cui, dopo un'altra serie di alti e bassi se ne vanno dalla città in cerca di un futuro migliore) praticamente ogni scena ha degli elementi che sono entrati nell'immaginario collettivo.
La prima scena trova Charlot in fabbrica. Alcuni dettagli di questa parte mi hanno ricordato Metropolis. Il capo della fabbrica che vive in un mondo completamente diverso dai suoi dipendenti, entra in contatto con loro tramite un sistema fantascientifico mi ricorda molto il padre-padrone di Metropolis. Il macchinario stesso sembra una sorta di Moloch che non produce niente di sensato e vuole anche lui mangiarsi gli operai - anche se qui siamo nella commedia e perciò non muore nessuno, le vittime vengono risputate fuori sane e salve.
Salto bellamente tutte le vicende intermedie (anche se ognuna di esse meriterebbe almeno un post) e arrivo al memorabile finale. Sembra che la coppia sia riuscita a coronare il loro piccolo sogno: un lavoro stabile che permetta loro di vivere decentemente, ma non è destino, debbono scappare dalla città. Li ritroviamo all'alba sul ciglio di una strada di campagna. Lei è abbattuta, che senso ha tentare, si chiede tra le lacrime. Ma lui le infonde coraggio: mai arrendersi, ce la faremo! Lei si riprende, e ricominciano la marcia. Ma lui la guarda in faccia, e nota che manca ancora qualcosa. Sorridi, le dice. E così, sorridenti, se ne vanno a passo di carica verso il futuro.
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