Colazione da Tiffany

La storia originale di Truman Capote è stata addomesticata, sorvolando sui dettagli più imbarazzanti e chiudendo con quello che non per niente viene chiamato holliwood ending. Nonostante tutto ciò mantiene la sua forza originaria, che viene ben sfruttata da Blake Edwards appoggiato da un'ottima colonna sonora che basa gran parte del suo peso sull'indimenticabile Moon River di Johnny Mercer - Henry Mancini. La collaborazione tra Mancini e Edwars continuerà a lungo, Pantera rosa inclusa.

Aggiungiamoci una interpretazione da favola da parte di Audrey Hepburn, un buon supporto da tutto il cast (spassoso Mickey Rooney che incredibilmente interpreta un fotografo giapponese) e il risultato non può che essere un film imperdibile.

Tornando a Edwards, aveva il compito non semplice di mettere il silenziatore ad una storia considerata troppo scandalosa per la morale corrente senza addormentarla. C'è riuscito, dimostrando la sua grandezza, puntando sullo spiazzamento continuo dello spettatore.

Prendiamo la scena iniziale. Albeggia sulla Fifth Avenue a New York, un taxi lascia scendere, proprio di fronte a Tiffany, una elegante, magnifica Audrey Hepburn, in abito da gran sera che apre un cartoccetto e si mette a far colazione guardando le vetrine. Tutto sbagliato, verrebbe da dire. Un contrasto stridente tra la classe della Hepburn e la sua mesta visita ad un negozio chiuso. Ma sotto scorrono i titoli di testa con Moon River, e noi quasi non registriamo nemmeno la stranezza che abbiamo appena visto.

Fine dei titoli di testa e ritroviamo Holly Golightly, come scopriremo si chiama questa leggiadra fanciulla, diretta a casa sua, ovviamente nell'Upper East Side, ma veniamo sorpresi dal suo destreggiarsi tra un buffo coinquilino giapponese e un greve individuo che la tampina rammentandole di aver sganciato per lei la sera prima parecchi dollari (tra cui un cinquantone per la "powder room" - ovvero per i bagni femminili di un luogo pubblico, tipo ristorante - dettaglio che verrà chiarito più avanti nel film) sottolineando che questo gli darebbe dei diritti. Anche qui veniamo distratti dal lato comico e ci sfugge di registrare che - orrore - Holly si prostituisce. D'accordo, lo fa con gran classe, e non accetta imposizioni. Leggiadramente, infatti, scarica il tipaccio. Però il mestiere è quello.

E si continua così. Nella scena successiva viene introdotto il protagonista maschile (George Peppard), uno scrittore di scarso successo che si può permettere l'elegante appartamento grazie ad una generosa amica. Holly risulta chiamarsi davvero Golightly (va' con leggerezza) in seguito a un matrimonio (forse annullato) con Doc, un buon veterinario di campagna ma che ha 30 o 40 anni più di lei, l'ha sposata che era ancora una bambina (14 anni) evidentemente approfittando della situazione (lei orfanella con un fratello non molto normale, dal poco che si capisce).

Una galleria impressionate di personaggi che potrebbero risultare a dir poco squallidi. Eppure l'effetto che ci fanno è diametralmente opposto, grazie al loro approfondimento, merito soprattutto della scrittura originale di Capote ma anche allo sviluppo in sceneggiatura da parte di George Axelrod, e pure della levità usata da Edwards nel presentarceli. E, naturalmente, merito va anche a Audrey Hepburn che riesce magnificamente a rendere il candore di Holly.

Sempre per la regia, non posso tralasciare di accennare all'uso del comico che fa Edwards, sia come elemento di distrazione - ridiamo di Mickey Rooney giapponese che si lagna per essere svegliato, e non ci accorgiamo che ci si stanno dando informazioni importanti su Holly - sia come elemento di puro divertimento. La festa a casa di Holly ricorda davvero molto quella che vedremo in Hollywood Party. Manca l'elefante e la piscina, ma è una gioiosa e folle macchina comica progettata ed eseguita in modo impeccabile.

Un ultimo paragrafo, dedicato ad un personaggio che ha un ruolo piccolo ma significativo: il gatto di Holly. Anzi, Gatto, dato che Holly ci tiene a sottolineare che non ci sono legami stabili tra di loro, anche nel non dargli un nome. Nella prima parte Gatto è l'alter ego di Holly, entrambi sono "drifter" alla deriva: "Two drifters off to see the world" canta Holly in Moon River, entrambi sono senza nome, (il vero nome di Holly scopriremo essere Lula Mae Barnes, ma lei lo rinnega, come poi rinnegherà anche il nome Holly), e senza un padrone (Holly ha paura del rapporto di coppia in quanto lo percepisce come legame di proprietà). Nella seconda parte Gatto diventa l'alter ego dello scrittore innamorato di Holly, e Holly, abbandonerà Gatto (sotto la pioggia!) per far capire allo scrittore che davvero vuole staccarsi da lui. E nel finale Gatto diventa rappresentativo del rapporto tra i due protagonisti, abbandonato ma poi ritrovato (e coccolato). Curioso notare che anche nel romanzo breve originale Gatto assume un significato metaforico articolato, anche se diverso da quello del film, dato il cambiamento di finale.

2 commenti:

  1. Copio e incollo...

    Questa comunque è la recensione più completa che ho letto sul film da quando l'ho visto la prima volta.

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