Intenzionalmente brutto, a tratti disgustoso, ma non è la cosa più orribile che io abbia visto in vita mia, e che qualche risata me l'ha pure fatta fare. A chi non piace il genere splatter, tendenza trash, potrebbe risultare indigesto.
È il primo lungometraggio di Peter Jackson, nato come corto e poi pompato a un'ora e mezza, grazie anche ad un generoso finanziamento della Film Commission neozelandese. Fa quasi tutto Jackson, produzione, sceneggiatura, regia, recitazione in un paio di ruoli principali, cura la fotografia, il montaggio, il trucco, e gli effetti speciali. E chissà che altro.
Gli alieni invadono un paesino in Nuova Zelanda, con lo scopo di trasformare gli abitanti in fast food galattico. In seguito ad una segnalazione, il governo manda un team paramilitare la cui stabilità mentale giustifica il titolo italiano.
È un film a bassissimo costo, e dunque gli alieni decidono di assumere sembianze umani, che abbandoneranno solo nel finale. Meno spiegabile che parlino tra di loro in inglese, ma non vale la pena di sottolineare questa incongruenza, viste le altre assurdità di cui la sceneggiatura è colma. Ad esempio il Jackson-umano si "opera" da solo al cervello più volte, a mani nude, buttando materia grigia (sua o altrui) nella propria scatola cranica, per poi "fissarla" prima con un cappello e poi con la cintura.
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