In Tropic Thunder Robert Downey Jr. spiega a Ben Stiller come mai un film come The soloist non è un film da Oscar. La produzione deve averlo preso sul serio, e dunque ne ha spostato l'uscita dal periodo canonico per lavori di questo genere (gli ultimi mesi dell'anno) alla primavera dell'anno successivo, causandone un bel flop commerciale.
Cos'ha dunque che non va, secondo i canoni commerciali americani, questo film?
La storia è quella di un giornalista del LA Times (lo stesso Downey Jr.) alla ricerca di pezzi di colore per la sua colonna in prima pagina. Si imbatte in un barbone (Jamie Foxx) che gli pare adatto ai suoi scopi. Suona un vecchio violino scassato, sembra fuori di testa, ma pare che abbia frequentato una prestigiosa accademia musicale. Per rientrare nelle aspettative dell'Academy, si diceva in Tropic Thunder, il barbone avrebbe dovuto essere un genio della musica, conciliare la sua schizofrenia (o quello che è) con il mondo "normale", e magari prendersi un Nobel, come Nash in A beautiful mind (che è un film altrettanto interessante, ma non è questo il punto).
Qui invece le cose vanno in modo diverso, il barbone resta barbone, e forse la sua vittoria più significativa è di riuscire a tollerare di dormire in un appartamento, invece di farlo per strada.
Ma la vera storia narrata non è quella del barbone, ma del giornalista. Infatti per gran parte del tempo noi seguiamo la soggettiva di quest'ultimo, e di lui ci vengono raccontati i cambiamenti.
Per il giornalista, il barbone musicista sarebbe stato solo un pezzo sul giornale, come mille altri, se non fosse successo che una lettrice, colpita dalla lettura, non gli avesse spedito il proprio violoncello da donare. Nello sviluppo imprevisto vede la possibilità di un nuovo pezzo, ma quando lo sente suonare, Beethoven fa la magia.
Il giornalista ora vuole aiutare il musicista. Non si capacita della sua malattia, pensa che basti dargli qualche medicina per renderlo meno scontroso, e che lui possa tornare più o meno "normale". Ma non funziona così. Ci metterà molto tempo per capirlo, ma alla fine riuscirà a comprendere che il rapporto tra i due è un rapporto tra pari, diversi, ma con la stessa rispettabilità.
Una idea duretta da digerire per molti, perché sottintende l'accettazione del principio che non esista una "normalità" standard che tutti devono raggiungere, la realtà sono molto più complicate.
Del resto il giornalista, che si considera "normale", non è che sia in una situazione particolarmente felice. Anzi, è infelicemente divorziato, la ex-moglie (Catherine Keener) è una sua collega, ha difficoltà a interagire con la gente rifiutando ad assumersi responsabilità che lui reputa eccessive. Sarà proprio la relazione con chi pensava di aiutare ad aiutare lui.
La regia di Joe Wright mi pare ottima. Bella, ad esempio, la scena che rende l'effetto della musica suonata dal barbone sul giornalista lasciando che la camera si allontani dai due per seguire il volo di uccelli. Wright è come sempre abile a far entrare la musica nell'azione (si veda ad esempio Espiazione) a maggior ragione qui, dove seguiamo la storia di un musicista.
Bravi un po' tutti nel cast, soprattutto il solito Downey Jr, ma anche Foxx, la Keener e anche i ruoli al contorno, incluso Tom Hollander (che con Wright pare si trovi bene).
Lo strumento favorito dal protagonista rimanda a Hilary and Jackie, film che narra la tristissima vicenda della Du Pré, che del resto viene citata assieme a Yo-Yo Ma.
Il film sarebbe basato su una vicenda reale, il giornalista è Steve Lopez, ma (evviva!) i fatti sono stati scientemente stravolti non per renderli più appetibili alla narrazione standard ma per rendere più lineare l'assunto della sceneggiatura. Dunque si è trasformato Lopez in un divorziato che pure vive in contatto continuo con la ex moglie per mostrare la bizzarria di un cosiddetto individuo "normale" (il vero Lopez era, e credo che continui ad essere, tranquillamente sposato). Inoltre si è cambiato lo strumento di Nathaniel Ayers (il musicista) dal contrabbasso ad un più popolare violoncello.
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