Il povero Ben Stiller è contrastato da una piccola comunità che non lo ha per niente in simpatia. Per fortuna sua, e del mondo intero, questa è ben poco attiva e conta, per quel che ne so, un numero minimale di appartenenti. La cito qui esclusivamente perché tra i congiuranti c'è pure il sottoscritto, e questo spiega come mai io abbia svicolato una prima volta dalla visione questo suo ultimo film (regia, parte principale, co-produzione) usando come scusa la prima versione cinematografica tratta dallo stesso racconto di James Thurber, The secret life of Walter Mitty. Mezzuccio che non ha retto al passare del tempo, anche a causa della sua lunghissima (e poco giustificata, a mio avviso) permanenza in cartellone.
Devo ammettere che, dopotutto, non è poi così male. Anche se non sono d'accordo con l'impostazione generale, la storia (praticamente scritta di sana pianta da Steve Conrad mantenendo ben poco del film precedente o del racconto di Thurber) più o meno potrebbe reggere, magari facendola rivedere da uno sceneggiatore più esperto. Anche lo Stiller regista se la cava per buona parte del tempo, anche se mi pare incapace di approfondire a dovere i personaggi, che restano quasi tutti allo stadio di bozzetto.
Però avrei preferito che Stiller non fosse anche protagonista. Ma lo Stiller regista e quello produttore devono aver fatto notevoli pressioni per prenderlo a bordo. Il brutto è che Walter Mitty è fondamentalmente l'unico personaggio del film. Tutti gli altri, e parliamo di gente come Kristen Wiig (Cheryl, la collega di cui Mitty si innamora), Shirley MacLaine (madre di Mitty), e persino Sean Penn (il fotografo Sean O'Connell che scatena l'intera azione), hanno poco tempo e battute restando, nel migliore dei casi, sullo sfondo.
Walter Mitty lavora praticamente da sempre a Life, e siamo nel periodo in cui quella gloriosa testata sta terminando la sua avventura cartacea. Ai tempi si pensava ad una sua transizione elettronica, sperando in qualche modo di farla sopravvivere nel web. In realtà quello che è rimasto, vedi life.time.com, è poco più che un museo digitale del bel tempo andato.
Per motivi non chiari, Walter ha una notevole difficoltà ad affrontare il mondo reale, e reagisce alle difficoltà fantasticando una sua vita parallela in cui è una specie di supereroe. Questo handicap (e un buffo problema nell'uso delle tecnologie moderne) gli impedisce di dichiararsi alla bella collega (la Wiig) che pure non sembra maldisposta nei suoi confronti. La catastrofe di Life complica ulteriormente le cose, con l'arrivo di un gruppetto temporaneo di manager (mal sceneggiati) che non sanno di cosa si occupano e pensano solo a tagliare teste alla svelta. Vedere Tra le nuvole di Jason Reitman per avere qualche squarcio su come questa tematica avrebbe potuto essere meglio trattata.
Un contrattempo porta (in modo forzato) il protagonista a abbandonare il proprio guscio per partire alla ricerca di un prezioso negativo. Lo strano è che questo lungo viaggio che gli farà lasciare New York, per la Groenlandia, l'Islanda, un breve ritorno a casa, poi l'Afghanistan, lo Yemen (non mostrato), Los Angeles (ma vediamo solo l'aeroporto) sembra più pensato per farci vedere belle immagini che per permettere una maturazione del personaggio.
Dicevo che le tre versioni (il racconto e i due film) della storia hanno poco in comune. In particolare, nella versione original non mi pare che il sognare ad occhi aperti del protagonista sia connotato positivamente o negativamente, è una pura fuga dalla realtà, senza particolari motivazioni o vantaggi. Direi che potrebbe essere una narrazione umoristica dell'autore sul come gli nascevano le fantasie che poi trasformava in vignette o racconti. Nel primo film diventa invece una difesa del protagonista dal forte carattere della madre (e poi del capo sul lavoro) che, al momento opportuno, si trasforma in una potente arma che gli consente di ottenere quello che vuole. Qui, invece, viene vista come una specie di malattia. Non si capisce bene come mai Mitty abbia questo problema - il rapporto con la madre sembra normale, ha una sorella (Kathryn Hahn) invadente, ma niente di terribile - si accenna ad trauma relativo alla morte del padre, ma manca una spiegazione che soddisfi. La tag line del film è addirittura Stop dreaming, start living: Smetti di sognare, inizia a vivere. E infatti quando Walter inizia ad agire i suoi sogni ad occhi aperti magicamente spariscono.
Colonna sonora non particolarmente interessante, a parte l'inclusione di Space oddity di David Bowie, che viene anche simpaticamente inglobata nella narrazione, permettendo alla Wiig di darne una sua interpretazione accompagnandosi da sé alla chitarra.
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