Primo film di Jocelyn Moorhouse (*) che è recentemente tornata alla regia con The dressmaker, con una uscita prevista verso fine anno. Il cast include Kate Winslet, Liam Hemsworth e Hugo Weaving, lasciando prevedere una distribuzione di un certo livello.
Questo primo lavoro aveva un budget sicuramente molto più modesto, e se il protagonista è ancora Hugo Weaving e il secondo ruolo maschile è affidato a Russell Crowe bisogna considerare che entrambi ai tempi erano degli illustri sconosciuti, praticamente al debutto sul grande schermo.
Martin (Weaving) è cieco dalla nascita. Non è questo il suo handicap peggiore, bensì la sua insicurezza, la necessità di avere sempre e comunque una prova (Proof è il titolo originale) della sincerità di chi gli parla. Per far ciò, fa molte foto e verifica il suo contenuto chiedendone la descrizione a vedenti, paragonandola con quello che gli avevano detto e quello che aveva percepito.
Celia (Geneviève Picot) gli fa da governante, ma i rapporti tra i due sono molto tesi. Lei è innamorata cotta di lui e spera che un giorno o l'altro lui ricambi. Lui mantiene con lei un atteggiamento ambivalente. Evidentemente gli fa comodo essere così al centro dell'attenzione, ma non ha alcuna intenzione di ricambiare in alcun modo. Un gioco molto pericoloso che non si sa come potrebbe andare a finire.
Andy (Russell Crowe) è un ragazzotto simpatico ma evanescente, che non sembra sapere che farsene della sua vita. Il caso vuole che incontri Martin in circostanze curiose e i due facciano amicizia. Martin apprezza la sua spontaneità e lo recluta per avere descrizioni delle foto che prende, sarebbe anche disposto a pagare per il servizio. Ovviamente Celia si indispettisce nel vedere che Martin ha trovato qualcun altro che gli dia retta, e fa di tutto per sabotare la relazione rivale, spingendo Andy a dire una menzogna a Martin.
Fortunatamente questo tradimento della fiducia serve a Martin per capire come le sue pretese di assoluta sincerità degli altri siano eccessive, e lo spingono a riconsiderare il suo approccio alla vita, imparando a fidarsi maggiormente degli altri, lasciando perdere il suo ossessivo bisogno di riscontri oggettivi.
Brava la Moorhouse a trattare un argomento così spinoso senza cadere in patetismi o eccessi drammatici. Grazie anche ad alcuni siparietti comici che alleggeriscono lo sviluppo, come quando Martin simula di essersi dimenticato di essere cieco dalla nascita per evitare problemi con la polizia.
(*) Secondo IMDB ci sarebbe un misterioso Pavane risalente a un decennio prima, ma nulla ho trovato sul suo conto.
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