Lo scenario produttivo deve essere stato molto simile a quello del precedente episodio. Se il risultato mi pare superiore, credo che sia perché T.R. Bowen ha avuto più tempo a disposizione di Jeremy Paul per sviluppare una sceneggiatura che potesse far raggiungere i cento minuti richiesti. C'è da dire che Bowen ha avuto anche l'intuizione di riciclare un altro racconto di Conan Doyle (*), unito ad elementi provenienti da diverse fonti (**). C'è perfino una fulminante battuta di Oscar Wilde adattata per la situazione.
Holmes (Jeremy Brett) è messo molto male. Un incubo ricorrente, e l'assenza di casi che lui possa reputare alla sua altezza, gli stanno rovinando la vita. Succede però che il matrimonio tra Henrietta Doran (Paris Jefferson), una ereditiera americana, e Lord Robert St. Simon (Simon Williams) prende una piega inaspettata, con la scomparsa della sposa subito dopo la cerimonia.
Seguendo il suo metodo, Holmes ricostruisce la situazione in cui il fatto è avvenuto, scoprendo dettagli che non sono forse considerabili strettamente pertinenti con il caso, ma finiscono per avere un interesse molto superiore.
Raccomando una buona dose di pazienza allo spettatore futuro. La prima parte non è riuscita molto bene, molto lenta e ripetitiva, sembra che il suo scopo principale sia quello di occupare quanto più tempo possibile. Passati i primi cinquanta minuti, la qualità del prodotto torna ad essere quella tipica della serie Granada.
Jeremy Brett è fuori forma quanto il suo personaggio, nonostante questo riesce a dare una ennesima ottima interpretazione. Edward Hardwicke e il suo dottor Watson guadagnano un po' più di spazio e pure alcune pungenti battute che sembrerebbero più nello spirito sherlockiano.
(*) L’avventura dell’inquilina velata da Il taccuino di Sherlock Holmes
(**) Vedasi in particolare quello che in Jane Eyre di Charlotte Brontë è il personaggio di Bertha Mason
Nessun commento:
Posta un commento