Raccontata come se fosse la storia della formazione al giornalismo di Giovanni (Giovanni Capovilla, esordiente), mi è parso piuttosto un affresco sulla periferia padana narrato da uno (Carlo Mazzacurati, regista e co-sceneggiatore) che sa bene di cosa si sta parlando.
Quasi tutta l'azione (o meglio, la sua quasi assenza) si svolge in un microscopico paesino veneto dove tutto sembra immobile e immutabile. "Qui una volta era tutta campagna", dice Franco (Natalino Balasso) a Giovanni, in una stradicciola tra campi e canali, dove nulla è cambiato da tempo immemorabile. Anche se basta prendere la macchina per incontrare la modernità periferica, fatta di prefabbricati e grandi distributori automatici di benzina che fanno anche da supermercati del sesso.
Poco accade, e poco ci si può aspettare che accada. C'è un serial killer, però è specializzato in cani. Il tabaccaio (Giuseppe Battiston) che ha scoperto il modo per arricchirsi grazie al riscaldamento globale, ma non ha idea di come spendere quei soldi, e finisce per sposare una rumena grazie ad un apposito servizio su internet. C'è il mago locale (Dario Cantarelli), che ha una grande notorietà grazie ai suoi amuleti, o forse piuttosto grazie al gran vuoto culturale che niente e nessuno sembra voler colmare. Ci sono pure tanti stranieri, diventati indispensabili ma più tollerati che accettati.
A smuovere le acque arriva Mara (Valentina Lodovini, al suo primo ruolo importante), giovane donna inquieta che insegna alle elementari in attesa di partire per il Brasile per una cooperazione internazionale. Giovanni, un po' come tutti, si prende una cottarella per lei, mentre cerca di scrivere per il Resto del Carlino entrando in contatto con un giornalista locale (Fabrizio Bentivoglio, pochi minuti che riesce comunque a sfruttare bene per dare spessore al suo personaggio).
Ci scapperà il morto, ma lo spettatore non si aspetti un film d'azione, la parte investigativa viene risolta frettolosamente, senza grandi approfondimenti. Ed è proprio questo sbilanciamento della struttura della sceneggiatura (a cui hanno collaborato Doriana Leondeff, Marco Pettenello e Claudio Piersanti) che non mi ha completamente convinto. La storia di Giovanni finisce per essere poco interessante sia perché manca lo sviluppo (OK, il giovane giornalista scopre che l'insegnamento del vecchio maestro, tenere la giusta distanza tra narrazione e narratore, non è che vada preso come oro colato, ma poi che succede?) sia perché il giovane attore non mi pare capace di reggere il ruolo.
Lussuosa la colonna sonora, affidata ai Tin hat.
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