La quasi totale scomparsa dei cinema indipendenti negli Stati Uniti ha avuto tra le sue conseguenze l'appiattimento della loro produzione cinematografica. Un film che non ambisca ad un'ampia platea finisce per essere stroncato all'origine, non trovando gli (ingenti) capitali necessari.
Fortuna che gli autori sono creativi, e dunque si è trovato il modo di superare il problema. E' nato dunque un nuovo tipo di film per la TV. Sono film che potrebbero essere tranquillamente distribuiti al cinema - ed in effetti lo sono, in Europa - ma che sono prodotti dalla televisione (tipicamente la HBO) per essere in primo luogo visti sul piccolo schermo. Vedasi ad esempio Wit (2001) che ha Mike Nichols alla regia ed Emma Thompson come protagonista, trattando il tema della morte per cancro non è stato considerato sufficientemente appetibile.
Stesso destino per questo film, che pur essendo diretto da Steven Soderbergh, con i ruoli principali affidati a Michael Douglas e Matt Damon, comprimari del calibro di Dan Aykroyd, Scott Bakula, Rob Lowe, Debbie Reynolds, ad avendo uno sviluppo su toni piuttosto leggeri, non ha ottenuto l'OK da nessuna major perché si tratta esplicitamente il tema della gayezza che, evidentemente, dopo una parentesi di permissivismo, è tornato ad essere tra gli argomenti che richiedono una particolare attenzione.
La storia è quella di Liberace (Douglas), un pianista estremamente gay famosissimo negli USA, morto a fine anni ottanta di AIDS. Figlio del suo tempo, negò sempre pubblicamente le sue preferenze sessuali, e gran parte dei suoi fan incredibilmente gli credevano senza problemi. Il punto di vista è quello di Scott (Damon), suo amante per alcuni anni nel periodo finale della sua vita.
Gli atteggiamenti da diva del protagonista ricordano gli eccessi de Il vizietto, o delle drag queen di Priscilla, anche se qui viene dato maggior spazio alla fisicità del rapporto tra i due protagonisti, un po' come in My beautiful laundrette. Ne sconsiglierei perciò caldamente la visione agli omofobi, visto che anche a me gli sbaciucchiamenti tra Douglas e Damon sono sembrati eccessivi.
A proposito del lato documentaristico della vicenda, occorre tener presente che il personaggio di Scott è stato pesantemente adattato alle esigenze di sceneggiatura. Nella realtà era minorenne quando conobbe Liberace (e Damon, seppur ringiovanito dal trucco, non riesce a sembrare così giovane), e non aveva per niente una buona relazione con la sua famiglia adottiva.
Riassumendo, ottima prova attoriale, in particolare quella di Michael Douglas, buona regia e sceneggiatura, anche se non ho capito bene dove volesse andare a parare.
bisogna proprio che lo veda (sabato la ballotta ha scelto Blue Jasmine, che presto recensirò)
RispondiEliminaintanto dobbiamo lodare il coraggio di Damon (anche su lui posterò presto) che ha accettato un ruolo non facile
E in effetti vedere due attori come Douglas e Damon, che solitamente interpretano ruoli maschili molto decisi, dall'altra parte della barricata è decisamente spiazzante.
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