Hollywood dei tempi andati vista da dietro le quinte, seguendo una prospettiva investigativa. Che poi è un tema piuttosto comune della letteratura hard-boiled, e sua conseguente trascrizione cinematografica. Restando ai nostri tempi, nello stesso anno è uscito Black Dahlia, e l'anno prima Kiss kiss bang bang. A chi fosse indeciso su quale dei tre vedere suggerirei, senza pensarci più di un attimo, il terzo.
La differenza è che qui si segue, con le solite ovvie molte libertà di sceneggiatura, una storia vera, quella di George Reeves (Ben Affleck), colui che fu il secondo Superman sullo schermo (essendo il primo Kirk Alyn).
Il povero Reeves era un attore di secondo piano, che viveva nella speranza di fare il grande balzo e diventare una star. Riuscì ad entrare con una particina nel cast di Via col vento ma questo non lo aiutò nella carriera. Seguono infatti apparizioni come figurante e ruoli minimi, con l'eccezione del ruolo da protagonista nel seriale Le avventure di Sir Galahad, citato nel film.
Gli capitano poi un paio di cose. Incontra Toni (Diane Lane) e diventa il suo amante, scoprendo poi che di cognome ella fa Mannix, ed è moglie di Eddie (Bob Hoskins), un pezzo grosso dell'MGM con una nomea non proprio cristallina. E poi ottiene la parte principale per una nuova serie televisiva di Superman. Non che sia entusiasta dei panni di supereroe, ma è la cosa migliore che il suo agente gli riesce a procurare.
Sfruttando il successo della serie (e forse anche qualche appoggio da parte della signora Mannix), George riesce ad ottenere qualche altro piccolo ruolo in produzioni notevoli. Appare infatti (ma non se ne parla nel film) in Gardenia blu, un film minore di Fritz Lang, e soprattutto nel polpettone di gran successo Da qui all'eternità. Succede però che il ruolo di Superman ha finito per oscurare l'attore, rendendo ridicole le sue apparizioni fuori da quel contesto. E' questa la vera maledizione di Superman che, in fin dei conti, finì per colpire anche il quasi-omonimo successore Christopher Reeve. Se un ruolo è troppo ingombrante, finisce per impedire, o rendere molto difficile, all'attore di fare il suo mestiere, che sarebbe quello di interpretare ogni volta un carattere diverso. Si pensi come ulteriore esempio ad un altro Reeves, Keanu, e al suo rapporto con Neo di Matrix.
A mio parere, la drammatica storia di George sarebbe bastata a riempire il film, grazie anche alle ottime prove attoriali di Affleck (una delle sue migliori cose, secondo me, giustamente premiato con la Coppa Volpi a Venezia), Lane e Hoskins. Non dello stesso avviso sono stati sceneggiatore (Paul Bernbaum) e regista (Allen Coulter), forse a causa del loro backgroud televisivo.
Si è dunque fatto in modo che la vicenda di George fosse contrapposta a quella di Louis (Adrien Brody), un investigatore privato sull'orlo della catastrofe umana. Costretto a lavorare in proprio per essersi inimicato il mondo del cinema, divorziato con un figlio che non riesce a seguire, ha un unico cliente che sembra psicopatico (e nel finale dimostra di esserlo), e finisce per prendere un caso che lo porta ad indagare nel mondo del cinema, scoprendone gli aspetti più deprimenti dietro una facciata che sembra così luccicante.
Tecnicamente, la doppia trama è resa mostrando in parallelo le due storie, come se stessero avvenendo contemporaneamente, mentre invece sono sequenziali. Vi sono inoltre un paio di scene che non sono "reali" (nel senso di essere realmente avvenute nell'universo definito dallo svolgimento del film) ma immaginate (o dedotte) da Louis, che vengono però presentate come se lo fossero, lasciando allo spettatore la libertà di decidere cosa farne. Espedienti che credo avrebbero funzionato meglio con una diversa storia e magari con un diverso regista.
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