Il grande capo

Merito indiscusso di Nymphomaniac è di aver creato un tal polverone attorno al nome di Lars von Trier (come se ce ne fosse bisogno, chioserebbe l'illuso) che ha finalmente reso appetibile la distribuzione in DVD di suoi film considerati minori, come quello qui in oggetto, altrimenti praticamente invisibili.

Se la sceneggiatura fosse stata affidata ad un regista meno combattuto tra la voglia di far vedere i suoi film e quella di renderli inguardabili, il risultato sarebbe potuto essere una commedia di successo che avrebbe fatto la gioia di produttori e distributori.

Invece il von Trier regista ha pensato bene di prendere il lavoro del von Trier sceneggiatore e, per la pacata disperazione dei produttori (che del resto sono danesi, e conoscono il loro pollo sin dagli inizi), ha deciso di manipolare le regole di Dogma 95 per introdurre l'uso della casualità nei settaggi della macchina da presa. Abbiamo così sequenze spezzettate, inquadrature sfasate con spreco di taglio di teste (non nel senso horror del termine, ma in quello fotografico da gita scolastica) e maldestri sbalzi di luminosità.

La storia è invece quella di Ravn (Peter Gantzler) che, senza avere conoscenze informatiche né soldi, riesce a creare dal nulla una azienda di successo che produce software di successo, sfruttando l'incapacità relazionale dei suoi dipendenti. Incapace di sfruttarli fino in fondo, ha nascosto sin dall'inizio il suo vero ruolo, millantando l'esistenza di un grande capo su cui scaricare il peso delle decisioni più balorde.

Il film si apre quando i nodi stanno arrivando al pettine. Un munifico investitore islandese (che odia a morte i danesi per motivi storici) ha deciso di comprare l'azienda per una cifra esorbitante, che il perfido Ravn si vuol pappare in un sol boccone, non lasciando niente a tutti gli altri. Il problema è che ha bisogno di qualcuno che faccia finta di essere il grande capo. Lo trova in Kristoffer (Jens Albinus), attore sperimentale perennemente sull'orlo della catastrofe, che prende la cosa come una sfida artistica.

Segue una serie di bizzarri fatti che mettono alla berlina un po' tutto e tutti. Naturalmente von Trier non si limita a dileggiare finanza, informatica, società civile, ma colpisce duramente anche il mondo dello spettacolo, in particolare gli attori, ma senza trascurare gli sceneggiatori e i registi, troppo pieni di sé.

Nessun commento:

Posta un commento