Da non confondere con l'omonimo film che Marco Bellocchio ha scritto e diretto venti anni prima. In questo, In the name of the father, Jim Sheridan racconta una storia incredibilmente vera avvenuta nella civilissima Gran Bretagna nei non poi così lontani anni settanta, usando come riferimento l'autobiografia del protagonista, Gerry Conlon, magistralmente interpretato da Daniel Day-Lewis.
Gerry è un ragazzaccio di Belfast a cui non importa niente dello scontro in corso tra repubblicani irlandesi e l'esercito britannico. Preferisce passare il tempo rubacchiando con i suoi pessimi amici. Un equivoco fa sì che venga scambiato per un cecchino e, vista la tensione che c'era in Irlanda del Nord ai tempi, questo basta per portare la situazione sull'orlo della catastrofe.
Per evitare guai con l'IRA, il padre di Gerry (Pete Postlethwaite) lo spedisce da una zia a Londra. Nota curiosa, Conlon senior di nome fa Patrick ma tutti lo chiamano Giuseppe perché sua mamma, quando lui era un bimbo, si era invaghita di questo nome (colpa di un gelataio italiano), e aveva deciso di affibiarglielo. Che poi Giuseppe è un nome estremamente ostico per chi parla inglese, e infatti è mal pronunciato da tutti e nei titoli di coda è riportato erroneamente come Guiseppe - tipico errore degli angolofoni, forse per analogia con Guy, nome che da quelle parti è ben più popolare.
In ogni modo, Gerry evita la zia benpensante come la peste e fa comunella invece con un suo paesano, Paul, e con un gruppetto di hippy di tendenza squatter. Succede però che l'IRA ha portato la guerra a Londra, e una bomba viene fatta esplodere in un pub proprio una sera in cui Paul e Gerry sono da soli. Per questioni di donne, un hippy rancoroso accusa Paul e Gerry dell'attentato, probabilmente con l'idea di far passar loro un paio di notti in galera. Capita invece che il sistema giudiziario inglese perda la testa, anche grazie ad una draconiana legge anti-terrorismo, e così Paul, Gerry, e altri due loro amici, vengano condannati in quattro e quattr'otto, sulla base di indizi illusori e delle loro confessioni strappate grazie a pressioni indebite, all'ergastolo. Inoltre, anche zio, zia, nipoti, padre, persino un amico di famiglia, vengono accusati di aver fornito la rete di supporto all'attentato, e condannati anche loro a lunghe pene detentive.
Il tutto è narrato in flash back, a partire da quanto, una quindicina di anni dopo (!), l'avvocato Gareth Peirce (Emma Thompson), che si occupa di diritti umani, si interessa alla causa dei Conlon e si mette a scavare tra le carte del processo, scoprendo una serie di abusi, prove fabbricate, elementi a discarico nascosti.
E questo è il lato "legal" della vicenda.
C'è poi il lato umano. Gerry, infatti, era diventato un ragazzaccio (anche) per il pessimo rapporto con il padre, che sembra dovuto più che altro ad una incapacità comunicativa tra i due. I quindici anni di galera passati assieme mostrano anche l'evoluzione della loro relazione e di come Gerry, sia pure con una immane fatica, riesca a cambiare e superare quel muro che lo aveva tenuto distante dal padre.
"Da non confondere con l'omonimo film che Marco Bellocchio": lo stavo facendo :D
RispondiEliminaMai visto, anche questo è da recuperare!
Inizio d'anno sfolgorante per il blog!
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