Schiavo della furia

A prima vista sembra un classico B movie noir americano degli anni quaranta, ma con un buon numero di elementi inattesi che lo rendono molto particolare. Non riesco a vedere alcun senso nel titolo italiano. Quello originale, Raw deal, è molto più in linea con la tradizione pulp del genere. Il titolo inizialmente associato al lavoro, Corkscrew Alley, rende maggiormente il senso della storia, con i suoi avvitamenti e circonvoluzioni.

Gran lavoro di coppia tra il regista (Anthony Mann) e direttore della fotografia (John Alton) che, nonostante il budget molto limitato, hanno sperimentato, almeno a tratti, soluzioni piacevoli e sorprendenti. Si veda ad esempio la scena nel finale dove il rovello interiore di un personaggio è reso visivamente con l'immagine di un orologio su cui si fonde quella dell'attrice stessa. Intrigante anche il supporto di un theremin nella colonna sonora, sempre a sottolineare i momenti di angoscia dello stesso personaggio.

In teoria il protagonista della storia è Joe (Dennis O'Keefe), finito in galera per coprire il suo capo, dal quale si aspetta una ricca ricompensa quando uscirà. Però gran parte del racconto segue la prospettiva di Pat (Claire Trevor), sua donna e sodale, unico personaggio che ha la facoltà di farci sentire i suoi pensieri con il voice over.

Joe è combattuto. Da una parte c'è Pat, che rappresenta la continuità della sua vita di delinquente, dall'altra c'è Ann (Marsha Hunt), una assistente sociale che sta cercando di guidarlo verso il ravvedimento.

A complicare le cose arriva il suo capo, Rick (Raymond Burr), una brutta persona. Un coacervo di meschinità e violenza, con una preoccupante tendenza alla pirofilia. Per risparmiare sul generoso premio promesso a Joe per i suoi servigi, organizza la sua evasione, contando sul fatto che venga ucciso nell'atto, o almeno riacchiappato e premiato con una sostanziosa estensione della pena.

Abbiamo dunque almeno tre storie da seguire. Pat innamorata di Joe, nonostante sappia di non essere ricambiata, che si rende conto di quanto lui si stia innamorando di Ann, e si troverà a scegliere tra essere un ripiego o lasciare che lui se ne vada.
Joe, a sua volta, si trova ad essere al centro di una azione che non capisce, vorrebbe continuare sulla sua strada di criminale ma l'incontro con Ann lo ha messo di fronte alla sua natura duplice, e inizia a pensare che sia possibile ricominciare da capo.
Rick vorrebbe essere uno spietato capo banda, ma non ne ha le capacità. I suoi stessi accoliti si prendono gioco di lui, anche se poi sono disposti a farsi ammazzare per seguire i suoi ordini, e a lui non resta che giocare col fuoco per rassicurarsi del suo inesistente potere.

Curioso il rimescolamento dei ruoli dal punto di vista del sesso. Joe, nelle regole del genere, dovrebbe essere un uomo tutto di un pezzo. Invece è dilaniato da una crisi interiore. Si sollazza (*) con le due donne della storia ma senza cavarne gran piacere.
Pat, pur essendo fisicamente molto femminile, caratterialmente e nel nome sembra più un uomo. Anche Joe la tratta più come la sua spalla criminale che come la sua donna. Sarebbe molto facile riscrivere le sceneggiatura per far diventare i due una variante di Otello e Iago.
Rick sembra sdegnare le relazioni sessuali. In una scena centrale rifugge le avances di una avvenente biondona per proseguire una fallimentare partita a poker, finendo addirittura per gettare un piatto fiammeggiante sulla poveretta.

Da notare quanto il fuoco sia importante nella storia. In particolare per Rick, che lo usa come mezzo per imporre il suo ruolo di capobanda, ma anche per Joe, del quale ci viene detto di sfuggita che, quando era ancora un ragazzino, s'era comportato in modo eroico durante un incendio. C'è anche una scena chiave in cui il terzetto in fuga (Joe, Pat, Ann) rischia di essere intercettato a causa di un fuoco acceso in un bosco.

(*) Per quanto sia possibile in un film di quel periodo. Il mefitico codice Hays era in vigore dal 1934.

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