Non che cambi molto rispetto allo primo o, soprattutto, al secondo episodio, ma a questo punto la debolezza strutturale della trama non regge più. Meglio sarebbe stato fermarsi prima, se non fosse per l'aspetto commerciale dell'operazione.
Fondamentalmente si mantiene il cast della seconda puntata. Immutate regia (Gérard Krawczyk) e co-produzione/ispirazione generale (Luc Besson), la novità sta nella maggiore internazionalizzazione, affidata principalmente alla partecipazione di Sylvester Stallone nella sola scena iniziale (solita folle corsa in taxi), ed al deciso taglio dei toni sciovinisti usati dal commissario. In Francia fanno ridere, all'estero lasciano perplessi.
Aumentano i riferimenti a 007, i titoli di testa ne sono un chiaro spoof, il ruolo di cattiva viene affidato ad una improbabile svizzero-cinese (Bai Ling) che usa gli stessi metodi dei bizzarri avversari bondiani.
Al solito i due protagonisti vivono vicende parallele, entrambe le loro donne (Marion Cotillard sottotono, doveva essersi stufata della serie, e Emma Sjöberg) sono incinte, il poliziotto (Frédéric Diefenthal) punta sempre più decisamente a livelli di imbranatezza alla Clouseau, ma il suo capo, più che replicare la contrapposizione alla Dreyfus, sembra essere un'altro Clouseau, il che rovina l'effetto e rende il ruolo del commissario tutto sommato inutile.
Il taxi del titolo continua a subire mutazione improbabili, arrivando pure a viaggare sulle nevi delle Val d'Isère. Il suo proprietario (Samy Naceri) diventa sempre meno interessante. È una specie di Topolino saputello che risolve i guai del suo amico. Il suo unico problema è quello di convincere la sua donna a stare con lui, cosa che si capisce subito sia un non problema.
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