Ammetto che non mi viene in mente una buona traduzione italiana per il titolo originale, A late quartet, ma quello scelto è sbagliato. L'armonia di cui si parla qui non è per nulla fragile, burrascosa, semmai. Il titolo inglese invece gioca sul fatto che il quartetto (nel senso di ensemble) protagonista è in un momento avanzato della sua esistenza, e stanno lavorando per la nuova stagione che intendo aprire con l'impervio quartetto (nel senso di composizione) per archi n°14 op.131, composto da Ludwig van Beethoven nel 1826, tra le sue ultime cose. Una quarantina di minuti divisi in sette movimenti, ma da suonarsi senza interruzioni.
Primo violino (Mark Ivanir), secondo violino (Philip Seymour Hoffman), viola (Catherine Keener - era Maxine in Essere John Malkovich e la moglie del giornalista in Il solista, altro film con un solido aggancio musicale), e violoncello (Christopher Walken) sono un rinomato quartetto basato a New York fondato un quarto di secolo prima, e tutto sembra andare a meraviglia tra loro, almeno dal punto di vista musicale.
Quando però entriamo nel loro vissuto, scopriamo che secondo violino e viola sono sposati, ma hanno qualche incomprensione caratteriale. La viola è figlia d'arte, la madre è morta al momento del parto ed è stata tirata grande dal violoncello e, prima di conoscere il secondo violino, ha avuto una storia con il primo violino. Il primo violino non pensa altro che alla musica, e la pensa in un modo molto razionale, lasciando ben poco, praticamente nessuno, spazio al sentimento.
A tenere insieme i quattro sembra essere stato il violoncello, molto più anziano degli altri, che era stato loro insegnante di musica. Capita però che, un anno prima dell'inizio dell'azione, gli sia morta l'amata moglie e, subito all'inizio del film, scopra di avere le prime avvisaglie dell'Alzheimer. Che non è una bella malattia per nessuno, ma figuriamoci lo sconforto che può prendere un musicista.
Mettiamoci sopra pure che violino e viola hanno una figlia (Imogen Poots) che sembra destinata a seguire la via dei genitori, ma è in piena crisi adolescenziale, e ha una gran rabbia (principalmente nei confronti della madre) per essere stata trascurata da piccola.
Sembra impossibile che il quartetto-ensemble riesca a continuare il suo percorso ma, come dovrebbe succedere al quartetto-composizione, eppure ce la fa.
Tutto sommato m'è parso un buon film, Yaron Zilberman (regia e co-sceneggiatura) è al suo primo lavoro (o forse il secondo, se consideriamo anche Watermarks del 2004, un documentario), mostra di avere grandi potenzialità. Purtroppo il risultato è discontinuo, principalmente a livello di scrittura. In particolare il personaggio della figlia m'è sembrato mal disegnato, ad un certo punto avrà una repentina (e a mio parere ingiustificata) illuminazione che le farà radicalmente cambiare comportamento. Non saprei dire se la Poots rende poco nella parte incolpevolmente o meno, ma si trova ad essere per qualche tempo al centro della narrazione senza avere gli strumenti per reggere. Notevole, invece la prova attoriale dei personaggi principali. In particolare Christopher Walken ha un ruolo molto toccante e lo interpreta al meglio.
a me imogen poots è sembrata bravissima. ma forse sono solo rimasto abbagliato dalla sua bellezza...
RispondiEliminacon il titolo italiano poteva andare molto peggio, poteva essere "un quartetto ritardato" :D
La seconda che hai detto, azzarderei.
EliminaE, sì, con i titoli italiani ci si può aspettare di tutto.