Love is the devil

La versione italiana fa a meno del sottotitolo, Study for a portrait of Francis Bacon, che chiarisce subito che trattasi di un tentativo di approcciare la vita di quell'artista inglese. Progetto ambizioso, in particolare se si tiene conto che i detentori dei diritti della sua immagine si sono rifiutati di concederne l'uso a John Maybury (sceneggiatura e regia).

L'ingegnosa soluzione è stata quella di rappresentare il processo creativo a partire dalle sorgenti (foto di modelle, la visione de La corazzata Potemkin, un incontro di pugilato), mostrando l'ambiente in cui si muoveva Bacon (il suo studio, i locali che frequentava) e possibili interpretazioni delle distorsioni che filtravano il suo punto di vista. Ovviamente il gioco regge solo se e tanto quanto lo spettatore conosca la sua opera.

Londra, 1964. George Dyer (Daniel Craig) è un furfante sulla trentina che, senza avere idea di cosa lo aspetti, irrompe nottetempo in casa Bacon (Derek Jacobi) e finisce proprio nel suo inquietante studio. Il gran baccano che fa, attira il padrone di casa, che ai tempi virava già verso la sessantina, il quale non si scompone più di tanto, e invita l'inatteso ospite a spogliarsi ed entrare nel suo letto.

Seguono sette anni di una relazione a tinte forti. George è insicuro e perseguitato da incubi, forse vede in Francis una figura paterna, che però non gli può dare alcuna sicurezza. Anche perché Francis esprime i suoi sentimenti con la sua arte, mentre nella vita reale è spesso brutale e arrogante, incapace di mostrare quello che ha realmente dentro. Sessualmente, la coppia cambia i ruoli, e George infierisce sadicamente sul masochista Francis.

Piccolo ruolo per Tilda Swinton che si dimostra, come suo solito, camaleontica.

Colonna sonora, impervia quanto appropriata, di Ryuichi Sakamoto.

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