Siamo nel bel mezzo del blocco che in Granada hanno deciso di chiamare Il ritorno di Sherlock Holmes, come la seconda raccolta dei racconti firmati da Conan Doyle, ma senza mantenere la composizione originale. Nel 1987 esce solo questo episodio ma per rabbonire la clientela è una versione lunga, da cento minuti, il doppio di una puntata standard. Forse sarebbe stato meglio tagliare il risultato di un quarto d'ora.
Come sempre, rispetto alle altre produzioni, la vicinanza allo scritto è ammirevole. Si aggiusta un po' il finale, anche per riconciliare la storia alla cronologia made in Granada. Infatti, per Conan Doyle questa è la seconda avventura della coppia Holmes (Jeremy Brett) Watson (Edward Hardwicke), ed è qui che il dottore conosce Miss Mary Morstan (Jenny Seagrove) che diventerà la signora Watson. La povera Mary non apparirà molto nelle avventure successive e perirà in modo non chiarito prima del ritorno di Holmes dall'esilio susseguente ai fatti delle cascate dei Reichenbach. Così in questo episodio vediamo che tra Mary e John scocca una indubitabile scintilla, ma il dottore perde il momento buono e non si dichiara.
La storia è piuttosto complicata, anni prima era misteriosamente sparito il padre di Mary, ora si viene a scoprire che era entrato in possesso di un tesoretto che avrebbe dovuto dividere con i "legittimi" proprietari. Un collega del capitano Morstan, il maggiore Sholto, in letto di morte ha rivelato ai due figli gemelli (Ronald Lacey) di essersi impossessato del tesoro, e di non aver più avuto la forza di separarsene (un po' come il caso di chi entrava in possesso dell'anello nella saga di Tolkien). Non riesce però a dire dove sia, per cui i due eredi ci mettono anni a trovarlo. Trovatolo, il gemello buono contatta la figlia Morstan per consegnarle la sua parte.
Seguono traversie varie, tra cui un omicidio in stanza chiusa dall'interno, e uno tra gli inseguimenti più lenti a cui abbia mai assistito.
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