Vizio di forma

L'articolo 1906 del Codice Civile afferma che "Salvo patto contrario, l'assicuratore non risponde dei danni prodotti da vizio intrinseco della cosa assicurata, che non gli sia stato denunziato". Ma questa volta non è colpa della distribuzione italiana se l'Inherent vice ha perso il senso originale, bensì dell'editore italiano del romanzo omonimo su cui è basata la sceneggiatura. Essendo l'autore Thomas Pynchon, si è preferito mantenere il riferimento letterario.

Oltretutto, non è nemmeno chiarissimo a cosa ci si riferisca nel titolo. Un personaggio parla di un assicuratore marittimo che non copre un rischio, ma si tratta di un episodio secondario in una narrazione magmatica che difficilmente può essere considerato fondamentale. E' dunque una metafora di qualcosa di più generale. Direi che però ogni spettatore (o lettore) può decidere a che cosa si riferisce. Io ci ho visto un riferimento alla inerente disfunzionalità del nostro modello di vita. Altre opinioni sono disponibili.

L'idea originaria di Paul Thomas Anderson era quella di convertire parola per parola lo scritto di Pynchon immagini. Grazie al cielo è arrivato ad una mediazione, ad esempio modificando un personaggio minore, Sortilège (Joanna Newsom), che diventa una versione filmica dello stesso Pynchon che così può, in un certo qual modo, farci sentire la sua voce originale. Nonostante ciò, posso testimoniare che l'estrema complicazione della vicenda ha causato svariati gradi di disperazione negli spettatori, ridotti quali naufraghi in un mare magno di avvenimenti. Io, dal canto mio, sono arrivato alla visione preparato, cogliendo il riferimento alle complicatissime storie hard boiled anni quaranta, vedasi ad esempio Il grande sonno di Howard Hawks, e lasciando quindi da parte le preoccupazioni di onniscienza. Nonostante questo, le due ore e mezza del film mi sono sembrate eccessive. Tagliare qualche trama secondaria avrebbe reso la visione più piacevole.

Al centro della storia c'è Larry Sportello (Joaquin Phoenix), che tutti chiamano Doc. Siamo negli anni settanta in California e lui è una specie di Dude ne Il grande Lebowski (*) che per qualche strano motivo si è messo a fare l'investigatore privato. La sua dark lady è Shasta (Katherine Waterston) che lo ha mollato ben prima dell'inizio del film ma di cui lui è evidentemente ancora innamorato. Lo visita rapidamente all'inizio della storia per chiedergli di indagare sul suo compagno corrente, Michael Wolfmann (Eric Roberts), un palazzinaro che è sposato con altra, la quale però ... insomma, è complicato. Se non bastasse questo, Larry viene subissato da richieste di clienti che lo portano nella stessa direzione. E come inizia le sue indagini, si piglia una mazzata in testa e viene incastrato in un omicidio. Per sua fortuna il poliziotto che si trova davanti è Bigfoot (Josh Brolin), molto ruvido ma che sembra, in un suo strano modo, amico di Larry.

Da qui in poi le cose diventano estremamente complicate. Accenno solo al fatto che Larry, quando ha bisogno di un legale, si rivolge a Sauncho (Benicio Del Toro), esperto in diritto marittimo; ha qualcosa di più che una amicizia con Penny (Reese Witherspoon) che, essendo un pubblico ministero, gli è utile per accedere a informazioni giudiziali riservate, ma è anche capace di scaricarlo all'FBI, a seconda di come è il suo umore; un suo cliente, intrappolato in una complicatissima storia, è Coy (Owen Wilson); e nel corso dei labirintici sviluppi del caso si imbatte in un dentista che risponde all'improbabile nome di Rudy Blatnoyd (Martin Short) e che ha forti dipendenze da droga e sesso.

(*) Lo vediamo consumare grandi quantità di alcolici, tabacco, droghe leggere di svariati tipi. E anche gas esilarante.

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