Altro episodio extra londinese. Questa volta Sherlock Holmes (Jeremy Brett) e il dottor Watson (Edward Hardwicke) indagano nel Surrey, su richiesta di un cartografo, John Scott Eccles (Donald Churchill), che si è trovato invischiato in un caso di cui, da buon scienziato con la testa fra le nuvole, non ha capito niente.
Appena giunto nel villino di campagna di un suo nuovo amico, Luigi Garcia, che condivideva il suo amore per le mappe, si era accorto che qualcosa non quadrava. Nessuno sembrava più interessato a lui, anche la servitù lo trattava con una scostanza che lo lasciava perplesso. Ma il peggio doveva accadere il mattino successivo, quando si accorge che nella notte se ne sono andati tutti via. Tornato a Londra, scopre che nessuno conosce Garcia, che gli aveva dato un cumulo di referenze fittizie. Sottopone il caso a Holmes, e poco dopo scoprono che la polizia, e in particolare l'ispettore Baynes (Freddie Jones), lo stava pedinando da qualche ora, ritenendolo in qualche modo collegato all'efferato omicidio di Garcia.
E' subito chiaro che il cartografo è del tutto estraneo ai fatti, però Baynes non sembra avere idea di chi sia il vero colpevole, e finisce per arrestare un figuro che, per quanto losco, non pare essere un buon sospetto. Un colpo di scena ribalterà la prospettiva e scopriremo che Baynes è molto più astuto di quel che sembra.
Il racconto originale di Conan Doyle è piuttosto lungo, al punto di essere diviso in due parti, seguendo uno stile tipico dell'autore, basti pensare a Uno studio in rosso, dove da una parte c'è l'indagine poliziesca che identifica il colpevole, dall'altra un lungo spiegone che si avventura in un ambiente completamente diverso per fornire il retroscena dei fatti. Per esigenze di tempo e di ritmo, qui è tutto più sincopato, alcuni personaggi minori scompaiono e il loro contributo viene assorbito dalle figure principali. Resta anche qualche perplessità sullo svolgimento dei fatti.
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