Rabbit hole

La tana del coniglio, riferimento al bianconiglio e alla sua tana in cui Alice casca dentro per finire dritta dritta (ma neanche tanto) nel Paese delle Meraviglie. In senso lato, va inteso come non-luogo che uno raggiunge (a volte con l'uso di sostanze più o meno legali) al fine di allontanarsi da una realtà che non gli aggrada.

Nel caso del film la realtà da cui fuggono i personaggi principali è decisamente drammatica, la morte di un bambino. E a fuggire sono i suoi genitori (Aaron Eckhart e una splendida Nicole Kidman) e il ragazzetto che lo ha investito. Lei cerca di sfuggire al dolore chiudendosi in sé, dedicandosi al giardinaggio, cercando di cancellare le tracce del figlio. Lui, al contrario, guardando ossessivamente i filmati salvati sul suo cellulare e cercando di mantenerne viva una sorta di presenza (ad esempio, non toglie il seggiolino dall'auto). Ad avere un comportamento più adulto è invece il ragazzetto, che scarica il suo disagio in maniera creativa, scrivendo un fumetto basato sulla teoria degli universi paralleli, intitolato proprio Rabbit hole, ipotizzando che in qualche altro universo ci sia un altro "lui" a cui le cose non sono andate così male, e ha una esistenza più felice.

Come si può intuire, la coppia segue un percorso distruttivo. E sarà l'incontro con il ragazzetto (prima di lei, poi di lui) a far saltare il fragile equilibrio, cosa che permette alla coppia di trovarne nel finale uno nuovo.

Storia non semplice da raccontare, ma la buona sceneggiatura di origine teatrale (David Lindsay-Abaire) e la regia dal tocco lieve (John Cameron Mitchell) aiutata anche da una bella colonna sonora, riescono nell'impresa.

Da notare che la Kidman ha apprezzato a tal punto il progetto da parteciparvi anche come produttrice.

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